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Dengue e chikungunya in Italia: statistiche che non ti aspetti

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Un'analisi dei recenti casi di infezioni da dengue, chikungunya e West Nile in Italia: cosa ci dicono i numeri?

Diciamoci la verità: il dibattito sulle malattie tropicali in Italia è spesso superficiale e pieno di luoghi comuni. Molti di noi tendono a ignorare, o peggio, a minimizzare il problema, pensando che si tratti di malattie lontane, riservate a luoghi esotici. Eppure, i numeri parlano chiaro e ci costringono a guardare in faccia una realtà innegabile. Nel 2025, il sistema di sorveglianza nazionale ha registrato 83 casi di dengue e 51 di chikungunya, tra cui un caso autoctono per entrambe le malattie.

Questo è solo l’inizio di un’emergenza sanitaria che non possiamo permetterci di ignorare.

I dati scomodi delle infezioni in Italia

Analizzando i dati forniti dall’Istituto superiore di Sanità, emerge un quadro allarmante. Tra il 1 gennaio e il 15 luglio 2025, 82 casi di dengue sono stati associati a viaggi all’estero, ma non possiamo sottovalutare quel singolo caso autoctono. L’età mediana dei pazienti colpiti è di 42 anni, con una prevalenza del 53% di sesso maschile. Sorprendentemente, non ci sono stati decessi, ma ciò non deve farci abbassare la guardia. Allo stesso modo, i 51 casi di chikungunya seguono una narrativa simile: 50 casi fuori dall’Italia e 1 solo autoctono, con un’età mediana di 47 anni. Anche qui, il 53% dei casi è di sesso maschile e, fortunatamente, nessun decesso è stato registrato.

Ma la situazione non si ferma qui: il West Nile Virus ha fatto la sua comparsa con 5 casi confermati. Tra questi, 4 sono manifestazioni neuro-invasive e 1 caso di febbre. La distribuzione geografica ci mostra che il Piemonte, l’Emilia-Romagna e il Lazio sono tra le aree più colpite, ma non dimentichiamo il Veneto. Insomma, l’epidemia è più vicina di quanto pensiamo. Ma ci siamo mai chiesti quale sia il nostro ruolo in tutto ciò?

Una realtà che ci costringe a riflettere

So che non è popolare dirlo, ma la nostra percezione di sicurezza riguardo a queste malattie è una trappola. La realtà è meno politically correct: le malattie tropicali non sono più un’esclusiva di climi caldi o paesi lontani. Ciò che accade nel resto del mondo ha ripercussioni dirette anche su di noi. La globalizzazione ha abbattuto le barriere, e ora voli aerei, turismo e commercio internazionale sono i veicoli ideali per la diffusione di patogeni.

Inoltre, non possiamo ignorare il cambiamento climatico. L’aumento delle temperature e le variazioni climatiche stanno creando un habitat favorevole alla proliferazione di zanzare, vettori di queste malattie. L’Italia, con il suo clima sempre più caldo, non è esente da questo rischio, e le autorità sanitarie devono prepararsi a una lotta sempre più complessa. Ci siamo mai fermati a pensare a quanto sia cambiato il nostro ambiente negli ultimi anni? È ora di chiedere conto a chi ha il potere di decidere.

Conclusione: è tempo di agire

La conclusione è disturbante ma necessaria: non possiamo più permetterci di sottovalutare il rischio di infezioni tropicali nel nostro Paese. Il re è nudo, e ve lo dico io: dobbiamo prendere sul serio i dati e agire. È fondamentale che le istituzioni investano in campagne di sensibilizzazione e in misure preventive per proteggere la popolazione. La salute pubblica non può essere messa in secondo piano.

Invitiamo quindi tutti a riflettere su questi dati e a non lasciarsi ingannare da una percezione erronea di sicurezza. La salute è un affare serio e richiede la nostra attenzione e il nostro impegno. Siamo pronti a combattere questa battaglia insieme?