Negli ultimi anni, il rischio legato alla diffusione di malattie trasmesse da zanzare, come dengue e chikungunya, è diventato sempre più concreto anche in Italia. Complice il cambiamento climatico, l’espansione del vettore Aedes albopictus (la zanzara tigre) e l’aumento dei viaggi internazionali, focolai autoctoni si sono già verificati in diverse regioni della penisola.
Ora, una nuova ricerca coordinata dalla Fondazione Bruno Kessler e dall’Istituto Superiore di Sanità, con il contributo del Ministero della Salute e delle Regioni, ha tracciato una mappa dettagliata delle aree a rischio, offrendo uno strumento utile per la prevenzione e la pianificazione sanitaria.
Caso importato di chikungunya: scatta la disinfestazione straordinaria a Brescia
La segnalazione di un caso confermato di chikungunya, contratto all’estero, ha fatto scattare l’allerta sanitaria a Brescia. Su indicazione dell’ATS locale, il Comune ha predisposto un intervento urgente di disinfestazione contro le zanzare, in programma da giovedì 10 a sabato 12 luglio. Le operazioni riguarderanno le vie San Rocchino, delle Tofane e Zabella, in un raggio di 200 metri dall’abitazione della persona contagiata e dai luoghi da lui frequentati.
Gli interventi saranno eseguiti dalle 4 del mattino nelle aree pubbliche e tra le 7 e le 15:30 nelle proprietà private, salvo condizioni meteo avverse. Il piano prevede la suddivisione delle vie interessate in tre zone operative distinte.
È rischio anche in Italia per dengue e chikungunya
Negli ultimi anni, in Italia si sono manifestati diversi casi di trasmissione locale di dengue e chikungunya, due infezioni virali veicolate da zanzare che, fino a poco tempo fa, venivano considerate malattie esclusive delle aree tropicali. Un recente studio pubblicato su Nature Communications ha sviluppato una mappatura del rischio a livello nazionale, individuando le zone più suscettibili a nuove infezioni.
Secondo quanto emerge dalla ricerca, le aree costiere e le periferie urbane risultano particolarmente a rischio a causa delle condizioni climatiche e ambientali favorevoli alla diffusione della Aedes albopictus, meglio nota come zanzara tigre.
Dal 2006 al 2023, il sistema nazionale di sorveglianza ha segnalato 1.577 casi importati (1.435 di dengue e 142 di chikungunya), contratti soprattutto in paesi tropicali e subtropicali come Thailandia, India, Cuba e Maldive. Nello stesso arco temporale, sono stati identificati 388 casi di dengue e 93 di chikungunya contratti sul territorio nazionale, con focolai principalmente localizzati nelle regioni settentrionali e centrali.
Il periodo di maggiore rischio si concentra tra agosto e settembre, ma nelle regioni meridionali può protrarsi fino a novembre. Le simulazioni mostrano che la chikungunya può avere una finestra di trasmissione più lunga (fino a 20-24 settimane) rispetto alla dengue (circa 5 settimane), sebbene quest’ultima registri un incremento costante di casi importati, aumentando la probabilità di nuovi focolai.
Una volta individuato un focolaio, l’indice di trasmissibilità (Rt) scende sotto la soglia epidemica in circa due settimane, a conferma dell’efficacia delle misure di contenimento. Il problema resta il ritardo nella diagnosi, che consente al virus di circolare prima dell’intervento sanitario, soprattutto nel caso della chikungunya.
Gli autori invitano a rafforzare la formazione del personale sanitario anche nelle aree non endemiche, a prestare maggiore attenzione clinica nei mesi estivi e ad affiancare alla sorveglianza tradizionale strumenti come il monitoraggio delle acque reflue, anche in ambito aeroportuale.
Con l’aumento delle infezioni trasmesse da vettori in Europa, favorito da clima, viaggi internazionali e diffusione degli insetti, l’Italia deve prepararsi ad affrontare queste minacce non più come eccezioni, ma come rischi sanitari destinati a restare.