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Israele mobilita 60.000 riservisti per l'operazione a Gaza

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L'operazione Carri di Gedeone B segna un'escalation nel conflitto israelo-palestinese con gravi conseguenze umanitarie.

Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha dato il via all’operazione Carri di Gedeone B, un piano militare che prevede la conquista di Gaza City e il richiamo di ben 60.000 riservisti. Questa notizia, comunicata ufficialmente dal ministero della Difesa israeliano, segna un’ulteriore escalation nel conflitto israelo-palestinese.

Le operazioni sono già partite e le forze israeliane si stanno muovendo verso la periferia di Gaza City. Ma cosa significa tutto questo per la regione e per i civili coinvolti?

Dettagli dell’operazione Carri di Gedeone B

Secondo fonti governative, l’operazione prevede lo sfollamento di circa un milione di palestinesi da Gaza City, con un termine fissato per il 7 ottobre 2025 per il trasferimento a sud dell’enclave. Questo piano rappresenta una continuazione dell’offensiva già lanciata a maggio, che ha visto l’IDF (Forze di Difesa Israeliane) controllare circa il 75% della Striscia di Gaza. Katz ha dichiarato che l’obiettivo principale è il disarmo di Hamas, il ritorno degli ostaggi e la smilitarizzazione dell’area. Ma quali sono le conseguenze di tali decisioni per la vita quotidiana delle persone in quella regione?

Il governo di Tel Aviv ha anche approvato una serie di misure per gestire la sicurezza nella Striscia, inclusa l’istituzione di un’amministrazione civile alternativa, non legata né a Hamas né all’Autorità Nazionale Palestinese. Questo approccio mira a occupare il restante 25% del territorio non controllato dalle forze israeliane. Quali saranno le reazioni della popolazione a queste nuove disposizioni?

Proposta di cessate il fuoco e la risposta di Hamas

Nonostante l’intensificazione delle operazioni militari, il governo israeliano non ha ancora risposto ufficialmente alla proposta di cessate il fuoco avanzata da Hamas, sostenuta da mediatori come Egitto, Qatar e Stati Uniti. Majid al-Ansari, portavoce del ministro degli Esteri del Qatar, ha confermato che Hamas ha accettato un piano di cessate il fuoco che è «quasi del tutto identico» a quello precedentemente proposto dagli Stati Uniti. La proposta include un cessate il fuoco temporaneo di 60 giorni durante il quale dovrebbero essere scambiati prigionieri e ostaggi.

Questa situazione crea un paradosso: mentre le operazioni militari continuano, ci sono segnali di apertura da parte di Hamas per un dialogo che porti alla fine delle ostilità. Tuttavia, il governo israeliano sembra determinato a proseguire con il piano di invasione, nonostante l’aggravarsi della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza. Fino a che punto si può ignorare la voce della comunità internazionale e le necessità dei civili?

Impatto umanitario e segnalazioni di vittime

La situazione umanitaria a Gaza è drammatica. Dall’inizio dell’offensiva militare, il numero di civili uccisi ha superato le 62.000 unità, tra cui circa 19.000 bambini. Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell’UNRWA, ha sottolineato che a Gaza non esistono posti sicuri per la popolazione. Le scuole dell’agenzia sono diventate rifugi per centinaia di migliaia di persone in fuga dalla violenza. Ti sei mai chiesto come vivono queste famiglie, costrette a lasciare tutto?

Negli ultimi mesi, l’UNICEF ha documentato un aumento allarmante delle vittime infantili, con oltre 540 bambini uccisi ogni mese. Solo oggi, secondo Al-Jazeera, almeno 28 persone sono state uccise, tra cui 7 che cercavano aiuti umanitari. La crescente ondata di violenza e la mancanza di sicurezza stanno esacerbando una crisi già catastrofica. In un contesto così complesso, come si può pensare a un futuro di pace e stabilità per la regione?