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Immagina di poter tornare indietro nel tempo, a oltre 13,8 miliardi di anni fa, quando l’universo si stava appena formando. Dopo il Big Bang, si sono avviate le prime reazioni chimiche, ma finora nessuno era riuscito a ricrearle in laboratorio. Eppure, un team di ricercatori del Max-Planck-Institut für Kernphysik (MPIK) di Heidelberg ha fatto un passo da gigante, riuscendo a replicare per la prima volta la reazione che coinvolge lo ione HeH⁺, considerato la molecola più antica dell’universo.
Questo studio, recentemente sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica *Astronomy & Astrophysics*, rappresenta un traguardo fondamentale. I ricercatori hanno utilizzato un impianto unico al mondo in grado di simulare le condizioni dello spazio profondo. Grazie a questo, hanno osservato reazioni chimiche in un ambiente simile a quello dell’universo primordiale, scoprendo che la velocità di tale processo rimane costante anche a temperature estremamente basse. “Questo risultato ci avvicina alla soluzione del mistero riguardante la formazione delle prime stelle”, affermano entusiasti gli scienziati coinvolti nello studio.
Le prime reazioni chimiche nell’universo
Dopo il Big Bang, l’universo era un luogo di calore e densità estremi. Solo nei primi secondi si formarono i nuclei di idrogeno ed elio, ma passarono quasi 380.000 anni prima che questi elementi potessero legarsi con elettroni liberi, formando atomi neutri in un processo noto come ricombinazione. Immagina dunque un’epoca di oscurità, la cosiddetta “età oscura” della cosmologia, in cui lo spazio era trasparente ma privo di sorgenti luminose. È proprio in questo contesto che molecole semplici come HeH⁺ e idrogeno molecolare (H₂) giocarono un ruolo cruciale nel collasso delle prime nubi di gas, un passaggio fondamentale per la formazione delle stelle. Infatti, a temperature inferiori a circa 10.000 °C, gli atomi di idrogeno non riuscivano più a dissipare calore in modo efficace. Qui entra in gioco l’importanza di molecole capaci di emettere energia anche tramite processi di rotazione e vibrazione. HeH⁺, con il suo significativo momento di dipolo, si è rivelata una delle molecole più promettenti per questo compito, influenzando direttamente l’efficienza della formazione stellare.
La scoperta del Max-Planck-Institut
Nella loro ricerca all’avanguardia, i ricercatori del MPIK hanno utilizzato un impianto innovativo chiamato Cryogenic Storage Ring (CSR), progettato per simulare le condizioni dello spazio profondo. Gli ioni HeH⁺ sono stati mantenuti a -267 °C e fatti collidere con un fascio di atomi di deuterio, un isotopo dell’idrogeno, regolando le velocità relative per replicare le energie di collisione tipiche dell’universo primordiale. La reazione ha prodotto uno ione HD⁺ e un atomo di elio neutro. Sorprendentemente, contrariamente a quanto prevedevano le teorie, la probabilità della reazione non diminuiva a basse temperature. “Le teorie precedenti prevedevano una significativa diminuzione della probabilità di reazione a basse temperature, ma non siamo stati in grado di verificarlo né nell’esperimento né nei nuovi calcoli teorici dei nostri colleghi”, ha dichiarato il coautore Holger Kreckel. Questa scoperta ha portato a una revisione dei modelli utilizzati per descrivere la reazione, con risultati che ora concordano con i dati sperimentali. Dato che le concentrazioni di molecole come HeH⁺ e idrogeno molecolare sono state fondamentali per la nascita delle prime stelle, questo traguardo rappresenta un passo cruciale nella comprensione di come si siano formati i primi astri nell’universo primordiale.
Le implicazioni della ricerca
Concludendo, i ricercatori sottolineano che questa scoperta rappresenta un importante avanzamento nella comprensione della formazione stellare. “Poiché le concentrazioni di molecole come HeH⁺ e idrogeno molecolare hanno avuto un ruolo chiave nella formazione delle prime stelle, questo risultato ci avvicina alla soluzione del mistero della loro formazione”, affermano i coautori. Questa ricerca non solo illumina il passato dell’universo, ma apre anche nuove strade per future indagini nel campo della cosmologia e delle scienze planetarie. La capacità di simulare le condizioni primordiali dell’universo in laboratorio è un traguardo significativo, potenzialmente rivoluzionario per il nostro approccio alla comprensione di come si sono formate le stelle e le galassie. Chi avrebbe mai pensato che potessimo avvicinarci così tanto a un segreto così antico?