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Legambiente denuncia nel suo ultimo rapporto: 40mila reati contro l'ambiente

legambiente denuncia 40mila reati

Tra cemento, rifiuti e corruzione negli appalti, Legambiente denuncia 40mila reati nel 2024. Il rapporto Ecomafia fotografa un’aggressione sistematica al territorio che non conosce battute d’arresto.

Nel 2024, l’Italia ha superato per la prima volta la soglia dei 40mila reati ambientali accertati. Questo è ciò che emerge e denuncia il nuovo Rapporto Ecomafia di Legambiente, e lo dicono i numeri: 40.590 illeciti, in media più di 111 ogni giorno.

Legambiente denuncia 40mila reati: crimine organizzato e ambiente, un binomio che si rafforza

Un aumento netto del 14,4% rispetto al 2023. Come dire: la criminalità ambientale non solo resiste, ma si evolve. E guadagna.

Nel dossier si contano 9,3 miliardi di euro di profitti illeciti, 88 inchieste per tangenti in appalti “green”, e oltre 37mila persone denunciate. Dalla gestione dei rifiuti agli abusi edilizi, passando per la pesca illegale e il traffico di specie protette, l’ecomafia si infiltra ovunque. E trova sempre nuovi spazi. Un terzo dei reati si concentra nella filiera del cemento: 13.621 illeciti, dal mattone abusivo alle cave illegali. Ma il picco lo segna ancora il ciclo dei rifiuti: 11.166 reati, +19,9% in un solo anno. Un dato che fa il paio con il +66% già registrato nel 2023.

Poi ci sono gli animali. I traffici, gli allevamenti fuorilegge, il bracconaggio: oltre 7.200 reati penali. E un boom anche nelle violazioni amministrative. Senza dimenticare i quasi 3mila reati contro il patrimonio culturale, altro capitolo oscuro che coinvolge ricettatori, falsari e tombaroli.

40mila reati ambientali: la denuncia di Legambiente è anche un appello

Ma questo non è solo un elenco. È un grido. Ogni anno, il Rapporto Ecomafia raccoglie il lavoro silenzioso – e spesso invisibile – di chi, in divisa o no, prova a fermare tutto questo. Carabinieri, Capitanerie, magistrati. Gente che ci mette la faccia. E anche qualcosa di più.

A loro si affianca il ricordo di chi ha pagato un prezzo altissimo, come riporta il sito di Legambiente: Natale De Grazia, il capitano di fregata morto nel ’95 mentre indagava sui traffici di rifiuti radioattivi. La sua inchiesta, forse, avrebbe avuto un destino diverso se quella riforma del Codice penale sui delitti ambientali fosse arrivata prima.

Nel frattempo, le procure iniziano a muoversi. Anche grazie alla riforma del 2015, che ha introdotto i reati ambientali nel Codice penale. Troppo tardi? Forse. Ma intanto qualcosa si muove.

Non abbastanza, però. Ma ora – forse – il vento inizia a cambiare. Perchè quei 40mila reati denunciati dal rapporto di Legambiente non sono più solo numeri. Sono forti segnali. Da non ignorare.