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Il governo peruviano ha appena approvato una nuova legge di amnistia, e le reazioni non si sono fatte attendere, suscitando forti polemiche a livello internazionale. Firmata dal presidente Dina Boluarte, questa legislazione offre protezione legale ai militari e alle forze di polizia coinvolti in abusi dei diritti umani durante il conflitto interno che ha insanguinato il paese per due decenni, dal 1980 al 2000.
Ma come può una legge del genere essere presentata come un omaggio ai sacrifici delle forze governative, mentre esperti delle Nazioni Unite e gruppi per i diritti umani protestano vigorosamente?
Dettagli sulla legge e reazioni
Mercoledì, durante una cerimonia al palazzo presidenziale di Lima, Boluarte ha difeso la legge con parole forti: “Questo è un giorno storico per il nostro paese. Porta giustizia e onore a coloro che si sono opposti al terrorismo.” Eppure, le organizzazioni per i diritti umani non ci stanno. La legge è stata definita una chiara violazione del diritto internazionale, negando giustizia ai sopravvissuti e alle famiglie delle vittime. Secondo stime recenti, il conflitto ha causato la morte di fino a 70.000 persone, con atrocità perpetrate sia dalle forze governative che dai gruppi ribelli.
Attualmente, sono in corso circa 600 indagini relative a crimini di guerra, con 156 condanne già emesse. Ma i critici sono preoccupati: la nuova legge potrebbe compromettere questi procedimenti legali, offrendo amnistia a soldati e agenti di polizia accusati di reati senza una sentenza definitiva. Inoltre, la legislazione prevede un’amnistia “umanitaria” per chi è stato condannato e ha più di 70 anni. La domanda sorge spontanea: è giusto sacrificare la giustizia per una presunta riconciliazione?
Il contesto legale e le implicazioni
Il Perù, come membro della comunità internazionale, è sottoposto alla giurisdizione della Corte Interamericana dei Diritti Umani. Questa ha già ordinato al governo di sospendere l’applicazione della legge il 24 luglio. In precedenti sentenze, la Corte ha stabilito che non possono esistere amnistie generali per gravi violazioni dei diritti umani. Un esempio lampante è la legge di amnistia del 1995, annullata dopo forti reazioni sia nazionali che internazionali.
Recentemente, nove esperti delle Nazioni Unite hanno emesso una lettera congiunta per denunciare la nuova legge, definendola “una chiara violazione degli obblighi del Perù secondo il diritto internazionale.” Nonostante le critiche, Boluarte ha mantenuto una posizione ferma, affermando che le osservazioni internazionali rappresentano un’interferenza nella sovranità del paese. “Il Perù onora i suoi difensori e respinge fermamente ogni interferenza interna o esterna”, ha dichiarato il presidente. Ma fino a che punto si può ignorare la voce della comunità internazionale?
Testimonianze di vittime e attivisti
La nuova legge ha scatenato reazioni forti tra i sopravvissuti e gli attivisti. Francisco Ochoa, attivista e sopravvissuto al massacro di Accomarca, ha condiviso il suo profondo senso di orrore e tradimento: “Siamo indignati e traditi”, ha affermato, ricordando il giorno in cui i soldati attaccarono il suo villaggio, uccidendo sua madre e i suoi fratelli. “Il primo ricordo di quel giorno è l’odore quando siamo arrivati. Puzzava di carne bruciata, e non c’era nessuno in giro.” Un racconto straziante che ci riporta a una realtà troppo spesso dimenticata.
Amnesty International ha documentato che durante il conflitto, le forze armate e di polizia peruviane sono state responsabili di circa il 37% delle morti e delle sparizioni. Inoltre, sono stati registrati il 75% dei casi di tortura e l’83% dei casi di violenza sessuale. La questione della giustizia per le vittime rimane quindi centrale, e la nuova legge di amnistia rappresenta un passo indietro nel lungo cammino verso la verità e la riconciliazione in Perù. Come si può costruire un futuro migliore senza affrontare il passato?