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Caso Resinovich, parla l'esperta del pool investigativo: "Ecco come è morta Liliana"

liliana resinovich com'è morta

Presso il Policlinico di Ancona sono iniziati, lo scorso 8 di settembre, i nuovi accertamenti sul caso Resinovich. Le parole della genetista.

La morte di Liliana Resinovich è ancora avvolta nel mistero. Al momento, ricordiamo, come unico indagato per omicidio troviamo il marito, Sebastiano Visentin. Intanto, l’esperta del pool investigativo, Marina Baldi, ha spiegato perché l’ipotesi del suicidio non la convince.

Caso Liliana Resinovich: nuovi accertamenti sui reperti

Continua a rimanere un mistero la morte di Liliana Resinovich.

Lo scorso 8 di settembre, sono iniziati nuovi accertamenti sui reperti al Policlinico di Ancona. I periti incaricati dalla gip Flavia Mangiante sono infatti alla ricerca di possibili tracce di DNA o impronte sugli oggetti ritrovati accanto al corpo senza vita della donna il 5 gennaio del 2022. Abiti, scarpe, sacchi, cordino, borsa, scarpe e occhiali: sono questi gli oggetti che verranno analizzati dagli esperti, nel tentativo di trovare elementi utili all’indagine che, come detto, vede ora come unico indagato per omicidio il marito Sebastiano Visentin. Per questo saranno analizzati anche i reperti sequestrati a casa Visentin, come lame e macchinari per affilare i coltelli. Tra gli esperti troviamo Paolo Fattorini, Chiara Turchi ed Eva Sacchi.

Liliana Resinovich, ecco com’è morta davvero: le parole dell’esperta del pool investigativo

Marina Baldi, genetista del pool difensivo della famiglia Resinovich, è stata intervistata da FanPage.it. L’esperta ha parlato del motivo per cui, l’ipotesi del suicidio, non l’ha mai convinta. Ipotesi avanzata durante la prima perizia. Secondo la genetista, innanzitutto la scena del ritrovamento “non depone per il suicidio”, specialmente per come erano disposti i sacchetti che avvolgevano il corpo. Secondo la Baldi infatti, pare molto difficile che la Resinovich possa esserseli messi in quel modo da sola. Altri dubbi per il fatto che sui sacchi della spazzatura non c’erano né impronte né DNA: questa assenza, secondo la gentista, non si concilia né con un autoposizionamento dei sacchi ma nemmeno con un’aggressione.

In Cassazione intanto si sta discutendo il ricorso presentato dai legali di Visentin contro l’ordinanza che aveva escluso dall’incidente probatorio la perizia medico-legale. Il pool difensivo di Visentin continua infatti a chiedere una terza perizia.