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Milano, 2025. Oggi, il centro sociale Leoncavallo, uno dei più noti d’Italia, è sotto sgombero da parte delle forze dell’ordine. Le operazioni, iniziate questa mattina, hanno visto la mobilitazione di agenti in risposta a un’azione annunciata dal governo. Il prefetto Piantedosi ha dichiarato guerra ai simboli di occupazione abusiva, e il Leoncavallo è stato identificato come un obiettivo chiave.
“Ora decide Milano!” è il messaggio lanciato dagli occupanti sui social, manifestando la loro determinazione a resistere.
Il contesto dello sgombero
Il Leoncavallo non è solo un luogo di ritrovo, ma un simbolo di cultura alternativa e di resistenza contro la speculazione edilizia che affligge la città. La decisione di sgomberare il centro arriva in un momento delicato, con l’ufficiale giudiziario atteso per il 9 settembre per il 133esimo tentativo di sfratto. Le tempistiche sono state accelerate, in un’estate segnata da un’inchiesta della Procura di Milano sul sistema di speculazione edilizia. Personaggi influenti, tra cui il sindaco Giuseppe Sala, sono coinvolti nell’inchiesta, che ha sollevato interrogativi su pratiche corruttive nella gestione urbanistica della città.
Secondo fonti ufficiali, la Corte d’appello civile di Milano ha stabilito che il ministero dell’Interno dovrà risarcire i proprietari dell’immobile circa 3 milioni di euro per il mancato sgombero. Tuttavia, il paradosso è che ora lo stesso ministero chiede all’associazione Le Mamme Antifasciste del Leoncavallo di rimborsare questa somma. Questa situazione riflette una realtà complessa in cui lo Stato si ritrova a scaricare le proprie responsabilità su un’associazione di cittadini. Ma ci si chiede: è giusto che siano i cittadini a pagare per le inadempienze dello Stato?
La destra al governo ha accolto lo sgombero con entusiasmo. Matteo Salvini, segretario della Lega, ha esultato sui social per quella che considera la fine di decenni di illegalità tollerata. “La legge è uguale per tutti: afuera!” ha scritto, ribadendo la linea dura del governo contro le occupazioni abusive. Anche Piantedosi ha confermato l’impegno del governo, dichiarando che quasi 4mila immobili sono stati sgomberati dall’inizio del mandato.
Tuttavia, le domande si moltiplicano. Se la tolleranza verso le occupazioni abusive è la linea guida del governo, perché non si applica lo stesso trattamento a Casa Pound? Questa interrogazione non proviene solo dai sostenitori del Leoncavallo, ma anche da figure politiche di spicco come l’ex ministro Elio Vito, che ha sollevato il dubbio sui social riguardo alla coerenza delle azioni governative. È giusto che esistano due pesi e due misure in queste situazioni?
Il significato del Leoncavallo
Il Leoncavallo non è solo un edificio; è un simbolo di una lotta per la giustizia sociale e per i diritti dei cittadini in una città in continua trasformazione. Fondato circa 50 anni fa, il centro sociale è divenuto un punto di riferimento per le attività culturali e sociali. La storia del Leoncavallo è intrinsecamente legata all’omicidio di Fausto e Iaio, due giovani attivisti uccisi nel 1978. Questo tragico evento ha galvanizzato la comunità, portando alla nascita di iniziative contro il traffico di droga e a un impegno costante per migliorare il quartiere.
Nonostante i 50 anni di servizi sociali offerti dal centro, come asili, scuole, mense e laboratori, il Comune ha recentemente proposto un trasferimento delle attività. Questo atto è percepito come un ulteriore tentativo di spezzare una comunità che ha resistito a lungo. Lo sgombero del Leoncavallo rappresenta, dunque, non solo la perdita di uno spazio fisico, ma un attacco a un’intera cultura di resistenza e solidarietà che ha caratterizzato Milano. La battaglia per il Leoncavallo è ora una battaglia per il futuro della città stessa. Ma cosa accadrà ora? Che direzione prenderà Milano?