Il caso Garlasco, uno dei più discussi e complessi della cronaca italiana, torna a far parlare con un nuovo sviluppo: il DNA di Marco Panzarasa, amico di Alberto Stasi, sarà acquisito nell’ambito del maxi incidente probatorio. Panzarasa, già al centro delle indagini la sera dell’omicidio di Chiara Poggi, torna così sotto i riflettori, mentre gli investigatori cercano nuove prove per fare luce su uno dei delitti più controversi degli ultimi anni.
Ecco chi è l’uomo.
Caso Garlasco, i nuovi prelievi di DNA nelle indagini
I DNA delle gemelle Paola e Stefania Cappa (cugine di Chiara Poggi), di Marco Panzarasa (amico di Alberto Stasi), di Mattia Capra e Roberto Freddi (amici di Marco Poggi e Andrea Sempio) e di Alessandro Biasibetti (altro amico) saranno acquisiti per confronti genetici nel maxi incidente probatorio sul delitto di Garlasco.
La gip Daniela Garlaschelli avrebbe autorizzato solo i quesiti riguardanti i profili genetici, escludendo quelli sulle impronte trovate nella villetta dove fu uccisa Chiara Poggi.
Caso Garlasco, torna il nome di Marco Panzarasa: chi è l’amico di Alberto Stasi
Il nome di Marco Panzarasa era già emerso nelle indagini sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007. Considerato il “migliore amico” di Alberto Stasi, Panzarasa frequentava con lui il liceo scientifico Omodeo di Mortara, dove si sono diplomati nel 2002. Dopo il diploma, i due seguirono percorsi universitari diversi: Stasi studiò Economia alla Bocconi, Panzarasa Giurisprudenza. A luglio 2007, i due partirono per un soggiorno studio in Inghilterra per migliorare l’inglese, raggiunti poi anche da Chiara Poggi.
La sera dell’omicidio, Panzarasa fu ascoltato dai carabinieri intorno alle 20 e, dopo una vacanza in Spagna, fu interrogato nuovamente per cinque ore. Il giorno del delitto, la mattina, era in Liguria prima di tornare a Garlasco.
Dai tabulati telefonici di Stasi emerse un intenso scambio di chiamate con Panzarasa, fino a 10-15 al giorno, più frequente dei contatti con la sua fidanzata. Nel processo, il procuratore generale Laura Barbaini evidenziò come Stasi, Panzarasa e un altro amico, Simone Piazzon, fossero al centro di un “triangolo di comunicazioni” iniziato due giorni prima del delitto, alimentando ulteriori sospetti sul loro coinvolgimento.