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Claudia Sheinbaum respinge le accuse di legami tra Maduro e il crimine organizzato

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La presidente messicana Claudia Sheinbaum respinge le affermazioni che collegano Maduro al Cartello di Sinaloa, in un contesto di tensioni diplomatiche.

La presidente messicana Claudia Sheinbaum ha messo un freno alle affermazioni degli Stati Uniti che collegano il leader venezuelano Nicolas Maduro al temutissimo Cartello di Sinaloa. Durante una conferenza stampa, tenutasi venerdì, la Sheinbaum ha chiarito che non ci sono prove a sostegno di queste dichiarazioni e che il governo messicano non sta conducendo alcuna indagine al riguardo.

Ma cosa significa questo per le relazioni tra Messico e Venezuela?

La posizione del governo messicano

Le parole di Sheinbaum arrivano in un momento delicato, dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato un aumento della ricompensa per chi fornisca informazioni che portino all’arresto di Maduro, ora fissata a ben 50 milioni di dollari. Secondo Washington, Maduro sarebbe uno dei più grandi narcotrafficanti al mondo, con legami non solo con il Cartello di Sinaloa, ma anche con altre bande venezuela. “Da parte del Messico, non c’è alcuna indagine in corso”, ha dichiarato Sheinbaum, esortando gli Stati Uniti a presentare prove concrete. “Se hanno qualche evidenza, la mostrino. Noi non abbiamo alcuna prova”, ha aggiunto la presidente, mettendo in evidenza la mancanza di sostegno alle affermazioni statunitensi.

È interessante notare che il Messico ha sempre mantenuto relazioni diplomatiche con il Venezuela, mentre gli Stati Uniti hanno interrotto i rapporti con il governo di Caracas, accusando Maduro di illegittimità. Infatti, gli Stati Uniti hanno riconosciuto i leader dell’opposizione venezuelana e imposto pesanti sanzioni a Maduro e ai suoi alleati. Ma quale potrebbe essere l’impatto di questo scontro di opinioni sulla politica internazionale?

Le relazioni tra Stati Uniti e Venezuela

Il presidente Donald Trump ha avuto un rapporto particolarmente teso con Maduro durante il suo mandato, avviando una campagna di “massima pressione” contro il regime venezuelano. Questa strategia ha incluso un continuo aumento delle ricompense per la cattura di Maduro. Infatti, durante i primi anni di presidenza, Trump aveva fissato una ricompensa iniziale di 15 milioni di dollari, cifra poi aumentata a 25 milioni durante le settimane finali della presidenza di Biden, in seguito a contestate elezioni che hanno visto la rielezione di Maduro per un terzo mandato nel 2024.

Osservatori delle elezioni hanno definito il voto come “non democratico”, e l’opposizione ha presentato risultati che sembrano contraddire le affermazioni ufficiali del governo. Con l’inizio del secondo mandato di Trump lo scorso gennaio, sono emerse speculazioni su un possibile ammorbidimento della sua posizione nei confronti di Maduro, in cerca di collaborazione per le sue politiche di deportazione di massa. Negli ultimi mesi, Trump ha persino inviato un emissario a Caracas, raggiungendo accordi per la liberazione di cittadini statunitensi detenuti in Venezuela. Come si evolverà questa situazione?

Accuse e risposte

Le accuse contro Maduro sono state amplificate dall’Attorney General degli Stati Uniti, Pam Bondi, che ha accusato il leader venezuelano di collaborare con i cartelli per trarre profitto dal traffico di droga. Bondi ha affermato: “Maduro utilizza organizzazioni terroristiche straniere come il Tren de Aragua, il Sinaloa e il Cartello dei Sole per introdurre droghe mortali e violenza nel nostro paese”. Secondo Bondi, la DEA ha sequestrato ben 30 tonnellate di cocaina legate a Maduro e ai suoi associati, con quasi sette tonnellate direttamente riconducibili a Maduro stesso.

Tuttavia, un memorandum di intelligence declassificato dal governo statunitense ha sollevato dubbi sull’idea che Maduro controlli direttamente le attività delle bande negli Stati Uniti. Il documento afferma che, sebbene il contesto venezuelano possa favorire l’operato di gruppi come il TDA, il regime di Maduro probabilmente non collabora attivamente e non dirige le loro operazioni. In risposta alle affermazioni di Bondi, il ministro degli Esteri venezuelano, Yvan Gil, ha definito le accuse come “il più ridicolo fumo negli occhi mai visto”. Ma davvero possiamo fidarci delle affermazioni di entrambe le parti, o c’è dell’altro in gioco?