Tra le rogge che attraversano le campagne del pavese, tra Garlasco e Tromello, c’è un punto preciso. Lì, in mezzo ai rovi e all’acqua ferma, Cristina ha visto qualcosa. Era il 2007. Lei lavorava nei campi, come faceva ogni giorno. Con suo marito. Si sono avvicinati al canale. Hanno notato una borsa di plastica.
Dentro, dei vestiti sporchi. Uno di quei momenti in cui il cervello registra tutto, anche se vorresti solo dimenticare.
Garlasco, la scoperta di quei vestiti sporchi che fanno ancora discutere
“Ho visto del rosso. Ho pensato al sangue.” Le parole sono le sue, riportate ora, a distanza di anni, durante un’intervista a Mattino 5. Non era una qualsiasi. C’erano anche delle scarpe. Abiti griffati. Cristina, incuriosita, ha chiamato i carabinieri. I vestiti sporchi sono stati subito sequestrati. Il 25 agosto. Dodici giorni dopo l’omicidio di Garlasco. Stesso caso. Stessa zona. Coincidenza?
Nel sacchetto: due pantaloni – uno di jeans neri, uno beige “Marlboro” –, un paio di leggins, due canottiere. Il Ris di Parma ha analizzato tutto. I jeans? Niente tracce utili. I leggins e le canottiere invece hanno reagito al luminol, che rileva la presenza di ferro (e quindi, forse, sangue). Sui leggins, una zona sulla gamba destra. Prelevata. Testata. Combur test negativo. Sulle canottiere, due piccole tracce rossastre. Anche lì, luminol positivo. Ma ancora una volta, esito negativo al test.
Dai campi di Garlasco ai laboratori del Ris: il viaggio dei vestiti sporchi
E poi c’erano le scarpe. Da uomo. Marroni, sporche. Con tracce brunastre. Strano, no? Il luminol ha reagito su entrambe le suole. Ma il combur test – anche qui – ha detto no. Niente sangue, ufficialmente. Pasquale Linarello, genetista e consulente della difesa di Alberto Stasi, l’ha detto in diretta: “Quei test erano poco specifici. Oggi per l’omicidio di Garlasco e per quei vestiti sporchi potremmo usare l’Obti test, molto più preciso.” Ma non si può. I reperti sono stati distrutti. Tutti. Fine della possibilità di ricontrollare, capire, forse riscrivere la verità.
È la giustizia, a volte. Arriva a una conclusione. E poi si ferma. Anche se le domande restano lì. A galleggiare.