A Milano, in una stanza della Questura, il tempo sembra essersi fermato. Venerdì 4 luglio, terzo atto dell’rivelano legato al delitto di Garlasco.
Incidente probatorio Garlasco, riemerge il fantasma dell’errore? Sotto esame le tracce ignorate
Un caso che continua a bussare alla porta della cronaca, diciassette anni dopo quella mattina d’agosto in cui Chiara Poggi, 26 anni, fu trovata senza vita nella villetta di famiglia.
Stavolta, sotto i riflettori, dell’incidente probatorio per il caso Garlasco c’è Andrea Sempio. Amico del fratello della vittima, oggi indagato. I tecnici lavorano sulle tracce che il tempo ha lasciato in sospeso: tamponi biologici, tracce di sangue sfuggite alle prime analisi, un frammento di tappetino. E pure un capello, trovato tra la spazzatura. Nessun esame, invece, sul cucchiaino già noto alla giustizia. L’obiettivo? Isolare dati, fissare prove. Prima che sia troppo tardi. Prima che si disperdano ancora.
Sempio, racconta la sua avvocata, è tranquillo. O almeno ci prova. Ma la paura di nuovi errori è lì, incollata addosso. “Ogni inchiesta cambia la vita delle persone”, ricorda il legale Angela Taccia. La memoria, del resto, torna sempre. Anche sull’ormai celebre impronta 10, quella sulla porta d’ingresso. Per i consulenti non c’è sangue. E il Dna? Troppo poco, dicono. Irrilevante. Ma l’Obti test potrebbe essere ripetuto. Lo vuole la difesa di Alberto Stasi.
Incidente probatorio Garlasco, il nodo dell’impronta 33 e il Dna sotto le unghie
Il terzo incidente probatorio di Garlasco ruota anche intorno all’impronta 33. Una traccia palmare, discussa. I consulenti della famiglia Poggi la ritengono non compatibile con la dinamica dell’omicidio. E non attribuibile a Sempio. I pm di Pavia però non sono d’accordo. Ma anche la difesa del nuovo indagato respinge il collegamento: “Solo 5 minuzie compatibili, non 15”. Non basta, insomma. Non regge.
Nel frattempo, si riaccende il focus sul Dna trovato sotto le unghie di Chiara. Per i pm potrebbe essere di Sempio. Una possibilità, non una certezza. I periti devono ancora capire se quei frammenti siano leggibili, utilizzabili. Anni fa, in appello, si disse di no: troppo degradati. Troppo pochi. Oggi però la Procura insiste. Con nuove consulenze, nuovi nomi, nuovi metodi. Tra i periti spunta quello che isolò Ignoto 1 nel caso Yara. Anche questo dice qualcosa.
I consulenti di tutte le parti – Poggi, Stasi, Sempio – si ritrovano nei laboratori della scientifica. L’atmosfera è tesa. Domande, confronti, attese. Come se ogni dato potesse riaprire e ancora una volta riscrivere tutto. Forse per sempre.