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Israele e la propaganda: influencer in visita a Gaza

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Un'analisi approfondita sull'invito di dieci influencer in Gaza da parte di Israele e le implicazioni della loro visita.

Il Ministero della Diaspora di Tel Aviv ha recentemente fatto notizia invitando dieci influencer internazionali a visitare la Striscia di Gaza. Un’iniziativa che ha scatenato un acceso dibattito, poiché molti osservatori parlano di una vera e propria strategia di propaganda, mirata a distorcere la realtà della crisi umanitaria che affligge la regione.

Ma cosa si cela dietro questo invito?

Il contesto dell’invito

Lo scorso mese, un gruppo di influencer è stato accolto all’ingresso del valico di Kerem Shalom. Qui, hanno condiviso immagini sui social media di aiuti umanitari bloccati, sostenendo che la situazione a Gaza fosse ben diversa da quella descritta dai media. «Se io fossi Israele, a Gaza non darei nemmeno i calzini appaiati», ha commentato uno di loro, mentre un altro, Xavier De Rousseau, ha affermato di essere «dentro Gaza», senza però chiarire che si trovava in una zona sotto il controllo israeliano. Queste affermazioni sollevano numerosi interrogativi sulla veridicità delle loro dichiarazioni e sull’effettiva condizione della popolazione gazawi, spesso rappresentata in modo fuorviante.

Dal 10 agosto, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha messo in evidenza la necessità di combattere quella che ha definito la “guerra della propaganda”, lamentando la parzialità dei media internazionali. L’invito agli influencer è solo una parte di una strategia più ampia, volta a migliorare l’immagine di Israele, che ha visto un incremento delle campagne pubblicitarie e dei contenuti virali sui social network. Ma questo approccio è davvero efficace?

Le voci controverse

Molti degli influencer coinvolti sono noti per le loro posizioni pro-israeliane e, nei loro video, ripetono che gli aiuti umanitari esistono, ma sono sottratti da Hamas. Questa narrazione si basa esclusivamente su fonti israeliane, mentre organizzazioni internazionali e le Nazioni Unite hanno ripetutamente denunciato che Israele limiti l’accesso e la distribuzione di tali aiuti. Le testimonianze di esperti e ONG, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, contraddicono le affermazioni diffuse dai video degli influencer, creando un divario sempre più ampio tra realtà e rappresentazione.

Un caso emblematico è quello di Brooke Goldstein, avvocato impegnato nella lotta contro l’antisemitismo, che è stata l’unica a visitare un punto di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation. La sua presenza ha cercato di portare alla luce una realtà più complessa rispetto all’immagine semplificata proposta dai suoi colleghi. Dall’altra parte, video di influencer come Jeremy Abramson e Marwan Jaber, con centinaia di migliaia di follower, hanno amplificato un messaggio che molti critici considerano altamente manipolativo. Ti sei mai chiesto come queste narrazioni influenzino la percezione globale della crisi a Gaza?

Strategia di propaganda e reazioni internazionali

Questa operazione di comunicazione non rappresenta un caso isolato. Israele ha investito massicciamente in campagne pubblicitarie, spendendo oltre 150 milioni di dollari per contrastare le narrazioni critiche. Inoltre, le autorità israeliane hanno avviato azioni legali contro chiunque metta in discussione la loro versione degli eventi, accusando di antisemitismo chi solleva dubbi. Tuttavia, le critiche continuano a crescere. Molti esperti avvertono che questa strategia potrebbe rivelarsi controproducente, attirando ulteriore attenzione sulla crisi umanitaria in corso a Gaza.

Con l’attenzione mondiale rivolta a questo conflitto, la situazione a Gaza rimane drammatica. Le evidenze raccolte da fonti indipendenti attestano che la popolazione continua a soffrire in condizioni estreme. In questo contesto, la narrazione di Israele si scontra con le realtà documentate da vari enti internazionali. La credibilità di tali operazioni di propaganda è quindi messa in discussione. Come reagirà la comunità internazionale a queste manovre comunicative, in un conflitto che ha già causato innumerevoli sofferenze?