Roma, 24 lug. (Adnkronos Salute) – "Il futuro dell'Hiv è nella possibilità di scelta, una possibilità che va garantita a tutti". Così Cristina Mussini, direttore Clinica Malattie infettive, Azienda ospedaliera-universitaria Policlinico di Modena e vice-presidente Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) , commenta alcune delle novità emerse dalla Conferenza della International Aids Society (Ias 2025) – che si è appena svolta a Kigali, in Rwanda – con un messaggio forte: la terapia long-acting rappresenta una svolta per i pazienti, ma serve un impegno concreto per renderla accessibile e conosciuta.
La conferenza – che ha riunito per 3 giorni e mezzo oltre 5mila esperti da tutto il mondo in Africa – ha messo al centro i progressi scientifici nella lotta all'Hiv, ma anche le sfide globali legate all'accesso alle cure, in particolare nei Paesi a basso reddito. Tra i temi più discussi – informa una nota – il taglio dei fondi al Pepfar, programma per la lotta alla malattia virale sostenuto dagli Stati Uniti, che dal 2004 ha garantito trattamenti salvavita in molte aree del mondo. "Ora l'aiuto sarà limitato a donne in età fertile e in gravidanza – spiega Mussini – Questo significa lasciare indietro persone che vivono in condizioni di marginalità, perché da sole non possono contare su programmi di sostegno. Alcuni Stati africani stanno cercando nuovi donatori, ma senza Pepfar la situazione rischia di deteriorarsi".
Sul fronte terapeutico, secondo la specialista la novità più rilevante arriva dallo studio Volition, che ha mostrato come oltre il 90% dei pazienti preferisca passare alla terapia iniettabile a lunga durata dopo un primo trattamento orale. "Questo studio propone per la prima volta una strategia comprendente soli 2 farmaci antiretrovirali sin dall'inizio del percorso terapeutico della persona con Hiv – illustra Mussini – Dai risultati emerge come, dopo aver ottenuto una rapida soppressione virologica con il regime orale dolutegravir + lamivudina, siano gli stessi pazienti, consapevoli dell'importanza dell'aderenza, a preferire l'opzione terapeutica long acting, che consente loro più libertà nella quotidianità, allontanando così anche il ricordo stigmatizzante di malattia". Ma l'esperta avverte: "Se non viene offerta l'opzione, non può essere scelta. Molti medici non propongono ancora il long-acting per timori organizzativi o clinici, ma è un errore. La responsabilità è nostra: dobbiamo informare e decidere insieme al paziente".
Dallo studio Impala, condotto in Africa – continua la nota – arrivano poi dati incoraggianti sull'efficacia della terapia long-acting anche in pazienti con viremia non soppressa, ovvero senza controllo ottimale del virus, dimostrando che può essere uno strumento efficace per chi ha difficoltà ad aderire ai trattamenti quotidiani. Inoltre, lo studio Moderate conferma che la combinazione Dolutegravir/3TC è applicabile anche in pazienti con storie di resistenza virale, tanto che l'Organizzazione mondiale della sanità ha già incluso queste opzioni tra le nuove linee guida.
Con l'estate in corso, Mussini lancia infine un appello alla prevenzione: "Fate sesso da lucidi. Il preservativo resta la forma più semplice ed efficace di protezione – rimarca – E la PrEp , la profilassi pre-esposizione, deve essere vista come strumento di prevenzione alla portata di tutti. Va normalizzata e reso chiaro che è gratuita, sicura – aggiunge – Se assunta correttamente, garantisce una protezione praticamente totale", evidenzia Mussini che spera nell'arrivo, in futuro, della PrEp iniettabile, che offrirebbe copertura per 2 mesi con una sola iniezione. Infine, l'esperta invita a non dimenticare che "il vero divertimento è quello che ti ricordi il giorno dopo", conclude con ironia. Il messaggio è chiaro: tra libertà e responsabilità, la scelta più sensata è quella che protegge la salute, individuale e collettiva.