Tre vite italiane spezzate e due ancora in bilico tra le vette dell’Himalaya. Le montagne del Nepal, maestose e impassibili, sono state teatro di una nuova tragedia: le valanghe che hanno travolto le spedizioni hanno lasciato dietro di sé dolore, incertezza e una corsa contro il tempo per i soccorritori che cercano gli alpinisti dispersi sullo Yalung Ri dopo la conferma di tre morti.
Nepal, ritrovati sani e salvi i cinque escursionisti italiani: rientro previsto a Kathmandu
Dopo giorni di silenzio e apprensione, sono finalmente stati ristabiliti i contatti con i cinque escursionisti italiani della provincia di Como di cui si erano perse le tracce in Nepal. I connazionali, partiti con il supporto di un’agenzia milanese e di una locale, hanno comunicato di stare bene e di voler proseguire il loro programma di viaggio, con rientro a Kathmandu previsto per sabato 8 novembre.
Il gruppo, appartenente al Cai di Menaggio, stava compiendo un trekking verso il campo base del Makalu, situato poco a ovest della valle del Khumbu, a quote comprese tra i 4.000 e i 4.800 metri. Le difficoltà di comunicazione, dovute all’assenza di rete nella zona, avevano fatto temere il peggio, ma la Farnesina ha confermato che i cinque escursionisti non sono mai stati coinvolti negli incidenti che hanno interessato altre spedizioni italiane impegnate su cime più alte e pericolose.
Tragedia in Nepal: i morti sono tre, continuano le ricerche per gli alpinisti dispersi
Prosegue invece la drammatica ricerca dei due alpinisti italiani Marco Di Marcello e Markus Kirchler, dispersi sul massiccio dello Yalung Ri insieme a due guide nepalesi e a un alpinista tedesco. Secondo la Farnesina, le possibilità di ritrovarli in vita restano purtroppo molto ridotte. Le operazioni di soccorso, coordinate da Manuel Munari e dal team della missione italiana AviaMEA-Evk2CNR, hanno permesso di individuare ramponi e capi di abbigliamento sepolti dalla neve, mentre i rilevatori hanno captato deboli segnali dei dispositivi in dotazione agli alpinisti. Le ricerche, ostacolate da valanghe e maltempo, riprenderanno venerdì mattina.
Il bilancio complessivo delle tragedie che hanno colpito le montagne nepalesi è pesante: tre gli italiani confermati deceduti – Alessandro Caputo, Stefano Farronato e Paolo Cocco. I primi due sono stati travolti da una valanga sul Panbari Himal, a quasi 5.000 metri di quota, mentre affrontavano la scalata di una delle vette più impervie dell’Himalaya. Con loro avrebbe dovuto esserci anche Valter Perlino, scampato alla tragedia per un infortunio che lo aveva costretto a restare al campo base e che ha poi dato l’allarme. A Kathmandu sono giunte la sorella e la compagna di Farronato, che hanno annunciato la volontà di procedere con la cremazione in Nepal.
Paolo Cocco, fotografo e alpinista, ha invece perso la vita sullo Yalung Ri, travolto da una slavina mentre si preparava alla scalata del Dolma Khang, una montagna di oltre 6.300 metri nota per l’imponente vista sull’Everest.
Le cause delle tragedie sono state attribuite alle condizioni meteorologiche estreme, con nevicate intense e instabilità della neve che hanno reso impossibili i soccorsi. Nonostante gli sforzi congiunti di squadre nepalesi e internazionali, le ricerche restano difficoltose a causa delle forti nevicate e delle enormi quantità di neve accumulata – in alcuni punti fino a dieci metri.