L’uso del paracetamolo in gravidanza torna sotto i riflettori dopo l’allerta lanciata dal presidente Donald Trump. Secondo quanto dichiarato, l’assunzione del comune analgesico potrebbe essere collegata a un aumento del rischio di autismo nei bambini. Un messaggio che ha subito acceso il dibattito tra esperti e future mamme, tra allarmi mediatici e raccomandazioni sanitarie.
Ma quali sono i reali rischi e cosa dicono le evidenze scientifiche?
Paracetamolo in gravidanza, Trump lancia l’allarme: la posizione della comunità scientifica
Gli esperti precisano che il legame tra paracetamolo e autismo non è stato dimostrato. Come riportato da Il Giornale, secondo Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, i dati attuali indicano che il paracetamolo rimane uno dei farmaci più sicuri per le donne incinte e viene consigliato in caso di febbre alta.
Gli studi su ampi campioni confermano l’assenza di un nesso diretto tra l’uso del farmaco in gravidanza e lo sviluppo di disturbi autistici, evidenziando come l’autismo sia il risultato di molteplici fattori complessi e non attribuibile a un singolo medicinale.
“Il paracetamolo viene assunto da tantissime donne, quindi non sorprende che ci possano essere casi occasionali di autismo in donne che l’avevano assunto nei primi mesi di gravidanza. Le analisi sui grandi numeri escludono un rapporto tra le due cose“.
Paracetamolo in gravidanza, Trump lancia l’allarme: “Rischio autismo”
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha recentemente sconsigliato l’uso di paracetamolo alle donne in gravidanza, sostenendo che potrebbe essere collegato a un aumento del rischio di autismo nei bambini. Durante un evento alla Casa Bianca dedicato all’autismo, ha sottolineato che la Food and Drug Administration avrebbe informato i medici su questo potenziale pericolo.
“Raccomandano vivamente alle donne di limitare l’uso del Tylenol durante la gravidanza,a meno che non sia strettamente necessario. Ad esempio, in caso di febbre estremamente alta che si ritiene di non poter sopportare”.
Il presidente, inoltre, ha chiesto significative modifiche al programma vaccinale di routine per i neonati, sostenendo che non ci sia alcuna ragione per somministrare il vaccino contro l’epatite B prima dei 12 anni.