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Resistenza sociale e sgomberi: il caso del Leoncavallo a Milano

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Un'assemblea a Milano mette in luce le tensioni tra potere e comunità.

È un’assemblea affollata quella che si tiene nella sala Giuseppe Di Vittorio della Camera del Lavoro di Milano, dove circa 500 persone si sono riunite per discutere della manifestazione contro lo sgombero del centro sociale Leoncavallo. Diciamoci la verità: la questione degli sgomberi e della resistenza sociale è diventata un tema caldo nel dibattito pubblico.

Eppure, chi ha il coraggio di affrontare la realtà? Chi ha il coraggio di mettere in discussione le politiche che favoriscono la speculazione a discapito di esperienze comunitarie consolidate?

Le voci dalla resistenza

Marina Boer, presidente delle Mamme antifasciste del Leoncavallo, ha aperto l’assemblea con parole forti, sottolineando che l’ingiustificata dimostrazione di forza con cui è stato eseguito lo sfratto ha spinto la comunità a cercare un dialogo con la città. Le sue parole risuonano come un appello non solo alla resistenza, ma anche alla costruzione di un’alternativa: “Questo è stato da sempre il nostro modo di operare”. Il re è nudo, e ve lo dico io: non si tratta solo di un centro sociale, ma di un simbolo di resistenza contro un sistema che tende a marginalizzare chi cerca di costruire qualcosa di diverso.

Ma il tema non si esaurisce qui. Primo Minelli, presidente di Anpi Milano, ha messo in evidenza la necessità di una risposta forte e unitaria da parte della Milano democratica e antifascista, avvertendo che “gli appetiti della destra non sono esauriti”. Non è solo una questione di sgomberi, ma di una battaglia culturale più ampia, che coinvolge tutti noi: chi ha il potere di decidere cosa accade nelle nostre città e come viviamo?

La speculazione immobiliare e le sue conseguenze

Un’altra voce importante è quella di una portavoce del centro sociale Cantiere, che ha messo in luce un aspetto fondamentale: “Gli stessi padroni della città che hanno sgomberato il Leoncavallo sono gli stessi che causano la speculazione immobiliare, per cui le persone a Milano non riescono a permettersi un affitto”. Qui, i dati non possono essere ignorati. Negli ultimi anni, i costi degli affitti a Milano sono aumentati esponenzialmente, mentre i salari stagnano, creando una situazione insostenibile per molti. La realtà è meno politically correct: non si tratta solo di sgomberi, ma della vita quotidiana di chi abita in questa città e che non ha voce.

In questo contesto, il richiamo dei centri sociali come il Lambretta a non far sfilare “in testa al corteo i politici, ma le Mamme del Leoncavallo” rappresenta un netto rifiuto di una certa retorica politica che spesso ignora le reali esigenze delle persone. È un segnale chiaro che la resistenza sociale non può essere strumentalizzata, ma deve rimanere autentica e radicata nelle comunità.

Conclusioni provocatorie e riflessioni finali

In conclusione, ciò che emerge da questa assemblea è un quadro complesso e sfaccettato, dove le storie di resistenza si intrecciano con le lotte quotidiane per la giustizia sociale. L’invito al pensiero critico è più che mai necessario. Non possiamo limitarci ad accettare le narrative dominanti, ma dobbiamo sforzarci di guardare oltre, di capire chi davvero beneficia da queste politiche e chi ne paga il prezzo. La manifestazione del 6 sarà un momento cruciale, non solo per i partecipanti, ma per tutta la città. E chi lo ignora, rischia di rimanere indietro, perdendosi il futuro di Milano.