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Il Parlamento Europeo ha recentemente preso una decisione significativa riguardo al pacchetto normativo noto come Omnibus, finalizzato a semplificare le norme sulla sostenibilità e la due diligence per le imprese. Questo intervento si colloca all’interno di un contesto più ampio di riforma della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), con l’obiettivo di rendere queste norme più accessibili alle aziende di diverse dimensioni.
Il relatore Jörgen Warborn ha sottolineato che la proposta è orientata a favorire la competitività, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI), che potrebbero sentirsi oppresse da obblighi eccessivi. Tuttavia, questa visione ha suscitato un acceso dibattito tra i membri del Parlamento e le organizzazioni della società civile, preoccupate che tali modifiche potessero ridurre l’efficacia delle normative esistenti.
Le implicazioni dell’Omnibus per le PMI
La proposta Omnibus prevedeva di escludere le PMI da gran parte degli obblighi di rendicontazione e responsabilità nella catena del valore. Questo avrebbe potuto creare una polarizzazione nel sistema, concentrando gli oneri di sostenibilità sulle grandi imprese mentre le PMI avrebbero beneficiato di una sostanziale riduzione dei requisiti. Tale approccio, sebbene possa sembrare vantaggioso per le piccole imprese, rischia di compromettere il principio di equità nella gestione della sostenibilità.
Critiche alla proposta
Numerose organizzazioni ambientaliste, come il WWF, hanno espresso preoccupazione per le modifiche apportate al pacchetto. In particolare, la rimozione della responsabilità civile delle imprese per violazioni dei diritti umani e danni ambientali è stata vista come un indebolimento della diligenza dovuta. Questo cambiamento potrebbe ridurre drasticamente l’accesso alla giustizia per le vittime di tali violazioni, trasformando la responsabilità in un mero esercizio formale.
Il voto del Parlamento e le sue conseguenze
Il recente voto in plenaria ha rivelato le profonde divisioni all’interno del Parlamento Europeo. Con soli 9 voti di scarto, l’Omnibus è stato rifiutato, evidenziando la tensione tra le forze che promuovono un maggiore interventismo pubblico e quelle favorevoli a una riduzione della regolamentazione economica. Questo margine esiguo ha riaperto un dibattito cruciale sulle funzioni del diritto europeo, specialmente in relazione alla transizione ecologica e sociale.
Riflessioni sul futuro della sostenibilità
La questione centrale che emerge è se la sostenibilità debba rimanere un’opzione facoltativa per le aziende o evolversi in un obbligo giuridico concreto. La proposta di ridurre l’ambito di applicazione della CSDDD alle sole imprese con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato globale superiore a 1,5 miliardi di euro rappresenta un passo indietro rispetto all’idea di un quadro giuridico comune per la responsabilità d’impresa.
Inoltre, l’esclusione della responsabilità civile dal testo finale potrebbe privare il sistema di strumenti di enforcement efficaci. Senza sanzioni adeguate e rimedi giuridici, la due diligence rischia di diventare una mera formalità, priva di reale impatto.
Verso una sostenibilità reale
La lotta contro la proposta Omnibus deve essere interpretata non come un ostacolo, ma come un’opportunità per riaffermare il valore della sostenibilità nel diritto europeo. La sostenibilità non è un elemento opzionale, ma un principio fondamentale del diritto dell’Unione Europea, come sancito dall’articolo 3 del Trattato UE. Semplificare non deve significare ridurre le ambizioni, ma rendere le normative più accessibili senza compromettere la loro sostanza.
Il risultato finale di questo dibattito avrà conseguenze di vasta portata. Se prevarrà la tendenza a ridurre gli obblighi, si corre il rischio di un’Europa dove la sostenibilità diventa una mera opzione reputazionale, anziché un requisito giuridico essenziale. D’altro canto, se si affermerà una visione più rigorosa che unisce crescita, inclusione e responsabilità, l’Unione potrà sviluppare un modello normativo avanzato fondato su una concezione di impresa come custode del bene comune.