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Le proteste antigovernative in Serbia, iniziate oltre dieci mesi fa, continuano a mantenere il paese in uno stato di alta tensione. Le manifestazioni, intensificatesi dopo il tragico crollo di un tetto di una stazione ferroviaria a Novi Sad, hanno visto la mobilitazione di migliaia di cittadini che chiedono giustizia e riforme politiche.
Un contesto di proteste e tensioni
Sabato scorso, sia i manifestanti antigovernativi sia i sostenitori del presidente Aleksandar Vucic hanno organizzato eventi in diverse città. Le manifestazioni sono scaturite dalla richiesta di verità riguardo al crollo della stazione, che ha causato la morte di 16 persone, e da un crescente malcontento verso il governo di destra populista.
Inizialmente, il movimento di protesta, guidato principalmente da studenti, mirava a ottenere giustizia per le vittime e un’indagine sulla corruzione sospettata di aver portato alla tragedia. Tuttavia, le richieste si sono ampliate, includendo la richiesta di dimissioni di Vucic.
Il presidente Vucic ha definito i manifestanti come “terroristi” e ha mobilitato il suo partito, il Partito Progressista Serbo, per organizzare contromanifestazioni, cercando di mantenere il controllo sulla situazione. Nonostante la tensione, non sono stati segnalati incidenti gravi durante l’ultimo fine settimana, anche se si sono verificati scontri brevi a Belgrado, dove manifestanti antigovernativi sono stati allontanati dalla polizia antisommossa.
Voci dalla protesta
Durante le manifestazioni, è emersa la testimonianza di Nikolina Sindjelic, una studentessa arrestata durante le proteste di agosto, che ha denunciato maltrattamenti in detenzione. “Ci hanno picchiato perché hanno paura di noi”, ha dichiarato Sindjelic, evidenziando la brutalità della polizia. Le sue parole hanno risuonato tra i partecipanti, molti dei quali hanno espresso timore di una repressione sempre più violenta.
La repressione del movimento di protesta è aumentata nelle ultime settimane, con oltre 100 professori universitari licenziati e sostituiti da sostenitori di Vucic. La situazione ha suscitato preoccupazione a livello internazionale.
Reazioni e dichiarazioni ufficiali
In risposta alla crisi, la Commissaria Europea per l’Allargamento, Marta Kos, ha sottolineato l’importanza del diritto di protesta. “Abbiamo un problema a Belgrado. La violenza severa nelle strade della Serbia e gli atti di vandalismo devono fermarsi”, ha dichiarato durante una visita in Austria l’8 settembre. Kos ha esortato le forze dell’ordine a garantire il rispetto dei diritti fondamentali.
La situazione in Serbia continua a essere instabile, con manifestazioni che si susseguono e un governo che sembra determinato a mantenere il controllo a tutti i costi. Gli sviluppi di questa crisi politica sono da monitorare attentamente, con la popolazione che chiede cambiamenti significativi.