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Il recente terremoto di magnitudo 6.0 che ha colpito l’est dell’Afghanistan ha avuto conseguenze devastanti, causando la morte di oltre 2.200 persone e ferendo circa 3.600, secondo le autorità talebane. Le province di Kunar e Nangarhar sono state tra le più colpite, lasciando quasi mezzo milione di persone in difficoltà. Mentre gli sforzi di soccorso continuano, la mancanza di personale femminile tra gli operatori umanitari si fa sentire in modo significativo.
Dal 2022, il governo talebano ha imposto divieti che limitano la presenza delle donne nelle organizzazioni non governative (ONG) e nelle operazioni delle Nazioni Unite. Questo ha generato una situazione in cui le donne, che spesso necessitano di assistenza in situazioni di emergenza, sono escluse dai programmi di soccorso.
Le conseguenze della mancanza di personale femminile
Molti osservatori sostengono che la riduzione del numero di donne operanti nelle ONG ha ostacolato l’accesso delle donne in difficoltà ai servizi essenziali. Le statistiche riportano che più della metà delle vittime del recente terremoto erano donne e ragazze, il che sottolinea l’urgenza di un intervento umanitario più equo. La World Health Organization (OMS) ha espresso preoccupazione riguardo a questa mancanza, sottolineando che quasi il 90% del personale medico nelle aree colpite è composto da uomini.
Rappresentanza femminile nei soccorsi
Alcune organizzazioni sono riuscite a trovare compromessi, permettendo a un numero limitato di donne di continuare a lavorare soltanto se accompagnate da un mahram (guardiano maschile). Tuttavia, le sfide rimangono. Molte donne si trovano in situazioni vulnerabili e necessitano di assistenza sanitaria, ma le restrizioni culturali e sociali rendono difficile per gli uomini fornire aiuto in modo diretto. Fatema, una volontaria, ha raccontato che l’impossibilità di molti uomini di toccare donne per motivi culturali ha portato a una grave mancanza di assistenza per le donne ferite.
Le esperienze delle vittime e il ruolo degli aiuti maschili
Nonostante le difficoltà, molte donne che hanno vissuto il terremoto hanno riportato esperienze positive grazie all’intervento di soccorritori maschili. Gulalai, una sopravvissuta del villaggio di Aurak Dandila, ha raccontato come è stata portata in salvo grazie all’aiuto del suo cognato e successivamente assistita da un team di soccorso. Anche se la situazione è complicata, i talebani affermano di impegnarsi a garantire che tutti i feriti ricevano assistenza, indipendentemente dal genere.
Le condizioni nelle zone colpite
Le donne e le ragazze che sono riuscite a sopravvivere al sisma continuano a combattere per la loro salute e sicurezza nei campi di soccorso. Un’indagine condotta dalle Nazioni Unite ha rivelato che oltre 7.700 famiglie sfollate stanno vivendo in spazi aperti, senza accesso a servizi igienici adeguati. Questo è particolarmente problematico per le donne, che si trovano costrette a utilizzare i bagni solo in orari notturni per evitare interazioni indesiderate con gli uomini.
La necessità di una risposta umanitaria inclusiva
La situazione delle donne incinte è particolarmente preoccupante. Con la mancanza di accesso a servizi medici adeguati, molte di loro non riescono a ricevere le cure necessarie. Pashtana Durrani, fondatrice di un’organizzazione che forma ostetriche, ha evidenziato che l’assenza di nuove professioniste nel settore medico ha reso la situazione ancora più critica. Senza un adeguato supporto femminile, le donne sono costrette a fare affidamento su operatori maschili, che non sempre sono disponibili o in grado di fornire assistenza in modo sensibile.
Il bisogno di personale femminile nelle operazioni di soccorso è cruciale per affrontare le barriere di genere in situazioni di crisi. La rappresentanza femminile è essenziale per garantire che le donne ricevano assistenza vitale e che le loro specifiche esigenze siano soddisfatte. La UN Women ha sottolineato che senza l’intervento di operatrici umanitarie, molte donne e ragazze rischiano di rimanere escluse da servizi salvavita.