Un verdetto che ha lasciato l’amaro in bocca per Chico Forti che resta in carcere. Il Tribunale di sorveglianza di Verona ha detto no. Un no secco, senza margini. La notizia, battuta ieri dall’Ansa, ha scosso il piccolo gruppo di familiari e amici che da mesi seguiva l’udienza con il fiato sospeso.
Chico Forti resta in carcere: respinta la libertà condizionale
Carlo Dalla Vedova, uno dei suoi avvocati, ha spiegato fuori dall’aula che ora si valuta il ricorso in Cassazione. «Non ci fermeremo qui», ha ripetuto più volte.
Forti, 66 anni, trentino, un nome che in Italia ha riempito pagine e talk-show. Condannato nel 2000 all’ergastolo negli Stati Uniti per l’omicidio dell’imprenditore australiano Dale Pike. Una storia lunga venticinque anni. Processi, appelli, documentari. Dal maggio 2023 è nel carcere di Montorio, Verona, dopo il trasferimento dall’America. Ma la condotta? Perfetta, almeno secondo la famiglia.
Lo zio di Chico Forti, Gianni, appena qualche giorno fa, davanti ai cronisti: «Chico ha avuto una condotta irreprensibile. E poi, gli anni in Florida sono stati riconosciuti, non è mai stato un pericolo per nessuno». Parole riportate anche dal Corriere del Trentino. Ma non è bastato.
Dentro, intanto, Forti continuava a coltivare la speranza di riabbracciare i tre figli. Erano piccoli quando tutto iniziò: 1, 3 e 5 anni. Mai più visti da allora… una ferita che non si chiude mai…
E dietro le quinte la politica. Sempre lì. A fine 2020, Luigi Di Maio — allora ministro degli Esteri — aveva annunciato che il governatore della Florida, Ron DeSantis, «con riserva» aveva accettato il trasferimento. Poi tutto si era fermato.
Poi a sbloccare la vicenda era stata Giorgia Meloni, l’anno scorso, dopo un faccia a faccia con Joe Biden a Washington. Due mesi dopo l’autorizzazione, il 18 maggio, Forti atterrava a Pratica di Mare. La premier, ad accoglierlo di persona… sembrava l’inizio di un nuovo capitolo. E invece?
Chico Forti resta in carcere: le reazioni e il futuro incerto
Ora il futuro è un punto interrogativo… Gli avvocati preparano il ricorso. Gli amici parlano di una decisione «ingiusta». Lo zio Gianni, raggiunto di nuovo dall’Ansa, ha usato poche parole: «Delusione grande. Ma non molliamo».
Nel carcere di Montorio, ci dicono le guardie — fonte che preferisce restare anonima — Forti passa le giornate leggendo. Scrive lettere. Tante. Ne ha mandate anche alla redazione locale di L’Arena, il quotidiano veronese. Parla poco della sua condanna. Molto dei figli.
Il caso continua a dividere. Da una parte chi chiede clemenza, citando la lunga detenzione e la condotta impeccabile. Dall’altra chi ricorda la sentenza americana, mai ribaltata, mai messa in discussione dalle autorità giudiziarie.
Potrebbe finire in Cassazione. O restare fermo qui, in un limbo giudiziario che dura da troppo. Nessuno lo sa. Forse nemmeno Forti, che dal giorno del ritorno in Italia aveva sperato in una liberazione rapida.
La verità? Forse è che questa storia non ha mai avuto un ritmo lineare. Un po’ come la vita di Chico Forti.