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Essere se stessi, senza filtri né maschere, non è mai semplice, soprattutto quando lo si fa davanti a milioni di persone online.
Aisha ci racconta il suo percorso di vita, tra fragilità nascoste e forza da indossare come scudo, ironia come compagna fedele e la ricerca continua di libertà e autenticità. Dal rapporto con la famiglia e la cultura, fino alle sfide della transizione e all’impegno per una rappresentazione più inclusiva, questa intervista è un viaggio nel cuore di una donna che sceglie di mostrarsi senza paura, con la voglia di ispirare chi, come lei, lotta ogni giorno per essere semplicemente sé stessa.
Se TikTok fosse uno spazio più umano
Se potessi disegnare un algoritmo perfetto per TikTok, cosa premierebbe davvero? Se avessi una piattaforma tutta tua, senza algoritmi né filtri: che contenuti creeresti per le prossime generazioni?
Premierei i contenuti stimolanti. Passiamo troppo tempo sui social: sarebbe bello trovare qualcosa che ci spinga a imparare o coltivare nuovi interessi. Le nuove generazioni crescono con il telefono in mano, e questo può diventare anche un’opportunità.
Il personaggio e la persona
Hai mai sentito di dover ‘interpretare te stessa’ per piacere online? Quando ti sei detta: ‘Basta, non mi sto riconoscendo’?
Tutti, sui social e nella vita reale, recitiamo un personaggio. L’importante è che quel personaggio abbia qualcosa di te. Altrimenti, prima o poi, ti crolla addosso. Io sono molto simile a quella che mostro online, ma anch’io ho le mie giornate no. Cerco sempre di essere me stessa e chi mi vuole amare, mi amerà. Gli altri non sono obbligati.
Qual è l’idea più sbagliata che le persone si fanno di te appena ti vedono online?
Pensano che io sia sicura di me, forte e risolta. Ma quella forza è spesso una maschera. La indosso per proteggermi. Non mostro molto le mie fragilità, non per vergogna, ma per paura. A volte è bello che mi vedano forte: altre volte, pesa. Perché sotto, c’è una persona che ha paura di non bastare.
Qual è un contenuto che non pubblicherai mai, non per paura del giudizio, ma per proteggerti?
Negli ultimi anni ho capito quanto sia importante la mia privacy. Non pubblico quasi più nulla su famiglia, amici o relazioni. Lo faccio per proteggere me e le persone a cui voglio bene. Ogni tanto lascio qualche indizio, però 🙂
Hai mai sentito di non essere rappresentata nelle pubblicità o nei brand che promuovi? Come scegli cosa supportare?
Sì, a volte mi è capitato. Ma oggi collaboro solo con brand di cui mi fido, con cui c’è rispetto reciproco. Inclusività e valori sono imprescindibili. Se lavori con me, rispetti me e tutte le categorie che rappresento.
C’è una parte della tua vecchia identità che non rinneghi e che oggi porti con te quasi come un ‘talismano’?
Il mio percorso di transizione è stato atipico, perché l’ho vissuto abbastanza bene. Non ho alcun conflitto con la me “pre-transizione”. La parte che amo di più, e che non ho mai cercato di nascondere per sembrare “più femminile”, è l’ironia. Ho un forte senso dell’umorismo, amo il sarcasmo e non ho paura di essere un po’ sguaiata. Sono caratteristiche che, in una donna, vengono spesso giudicate male: sono donna anche se rido ad alta voce e faccio battute.
Ciò che i genitori non vedono
Cosa ti piacerebbe che tua madre o tuo padre capissero di te, anche senza bisogno di spiegarglielo?
Vorrei che potessero provare cosa significa la disforia di genere… perché a parole è difficile spiegarlo. Ma se la vivi anche solo per un giorno, capisci perfettamente perché qualcuno decide di affrontare un percorso di transizione.
Qual è la cosa più bella che hai ereditato dalla tua cultura familiare… e quella che hai dovuto disinnescare per sopravvivere? Che rapporto hai con la religione oggi: ferita, dialogo o riscoperta?
La mia famiglia è marocchina, di fede islamica, quindi sono cresciuta in una cultura molto diversa da quella dei miei coetanei. Da piccola odiavo i miei tratti somatici, le nostre usanze. Cambiavo spesso colore di capelli, usavo lenti a contatto colorate. Oggi mi imbarazzo a ripensarci, perché amo il colore della mia pelle e i miei tratti. Sono proprio quelli a rendermi speciale. In più, la mia famiglia mi ha permesso di viaggiare fin da piccola e di imparare un’altra lingua (anche se parlo malissimo l’arabo!). Quanto alla religione, non credo in nessuna, ma mi piace parlarne. Mi piacerebbe incontrare qualcuno che mi faccia ricredere.
Qual è la frase più dura che hai sentito in famiglia… e quella che oggi aspetti ancora?
In famiglia ci siamo feriti spesso con le parole. È una cosa che non mi piace, ma che purtroppo fa parte del nostro modo di comunicare. diretto, a volte brutale. Non abbiamo mai imparato davvero a chiederci scusa, ed è qualcosa che continuo a sentire come una mancanza. Ci sono frasi che mi sono rimaste addosso, anche se cerco di dimenticarle.
Ma se chiudo gli occhi e penso a una frase che sto ancora aspettando, è questa: “Hai fatto bene, sono fiera di te.” Non detta a caso, ma con quella sincerità che vedi anche negli occhi.
Bellezza accessibile e coraggio di chiedere aiuto
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Se potessi creare una tua linea beauty, cosa non potrebbe mancare e a chi sarebbe dedicata?
Vorrei una linea beauty accessibile, con prodotti di altissima qualità ma a un prezzo basso, per permettere a tutte e tutti di prendersi cura di sé. Comincerei con un detergente e una protezione solare. Spesso la skincare è presentata come un lusso, ma per me è un atto quotidiano di amore verso se stessi, qualcosa che dovrebbe essere universale.
Ma non dico troppo prima che mi rubino l’idea!
La psicoterapia ti ha aiutata a perdonare qualcuno? O solo a lasciarlo andare?
Faccio tantissima psicoterapia, e sono grata di aver potuto iniziare questo percorso da giovane. All’inizio credevo che il perdono fosse un obiettivo da raggiungere verso chi mi aveva ferita. Poi ho capito che la persona che dovevo davvero perdonare… ero io. Quando cresci sentendoti “sbagliata”, impari a trattenere rancore anche verso te stessa. Oggi so che cosa va aggiustato e cosa no: sto imparando a lasciar andare chi mi ha fatto male, senza portare tutto quel dolore sempre con me. Non ti svegli un giorno e sei guarita, ma ogni volta che esco da una seduta, sento di aver lasciato un pezzetto del masso per strada. E respiro meglio.
Hai mai provato vergogna per aver chiesto aiuto? E quando hai capito che era invece un gesto di potere?
Sì, all’inizio provavo vergogna. Pensavo che chiedere aiuto fosse ammettere una debolezza. C’era dentro di me quel vecchio stigma che ti fa credere che andare in terapia sia per i “pazzi”. Poi ho capito che era amore verso me stessa. Anche accettare gli psicofarmaci è stato un atto di forza. La verità è che non mi rende meno forte, né meno autentica: mi ha semplicemente aiutata a tornare a respirare quando non ci riuscivo più da sola. La salute mentale è una cosa seria e non dovrebbe mai essere motivo di vergogna. Oggi sento che sia il gesto più potente che abbia fatto per me.
Se potessi scrivere una lettera alla te di 10 anni fa, con solo tre righe, cosa le diresti? E come ti immagini tra 10 anni?
“Cara Aisha,
hai davanti una vita piena, sorprendente, diversa da come te l’aspettavi. Farai cose che oggi non puoi nemmeno immaginare. Ci saranno ostacoli, ma anche incontri, scelte e possibilità. Ma soprattutto, la cosa più bella, è che sarai libera! Per quanto non sia ancora importante per te, lo sarà un giorno.”
Tra dieci anni mi immagino circondata da bellezza e affetto, in una casa che mi assomiglia. Spero di avere vicino persone che amo, magari un giardino, un cane o un gatto, un figlio… o va bene anche solo me stessa, più serena e più consapevole. Voglio continuare a vivere tante vite in una, senza smettere mai di scoprire, amare, cambiare. Voglio restare curiosa.