A distanza di un anno dalla morte di Clelia Ditano, precipitata nel vano ascensore del suo palazzo a Fasano il 1° luglio 2024, le indagini portano alla luce elementi che escludono la fatalità e configurano un possibile caso di omicidio colposo.
La morte di Clelia Ditano
Clelia Ditano, 25 anni, era originaria di Fasano, in provincia di Brindisi.
Lavorava in diversi bed & breakfast della zona e coltivava una grande passione per la musica. Da poco aveva iniziato a mettere da parte i soldi per prendere la patente e sognava di sposarsi.
Nella notte tra il 30 giugno e il 1° luglio 2024, è tragicamente morta dopo essere precipitata nel vano ascensore del suo condominio in via Piave a Fasano. Le indagini hanno rilevato che, al quarto piano, la cabina non era presente, ma le porte si sono aperte ugualmente, causando la caduta di oltre dieci metri. L’autopsia ha confermato che la morte è stata immediata, dovuta a un trauma cranico.
Clelia Ditano, svolta nelle indagini per la morte delle 25enne precipitata nel vano ascensore
La consulenza tecnica disposta dalla pm di Brindisi, Livia Orlando, ha escluso un guasto improvviso, evidenziando invece una manomissione esterna, meccanica o elettrica, che ha compromesso il sistema di sicurezza delle porte ai piani. L’impianto era funzionante, ma l’intervento esterno ha permesso l’apertura delle porte anche senza la cabina, causando la caduta di Clelia di quasi dieci metri.
L’inchiesta coinvolge quattro persone: l’amministratore del condominio, il responsabile tecnico, un dipendente e il rappresentante legale della ditta di manutenzione. Per l’amministratore e il responsabile tecnico, ritenuti i principali responsabili, il gip Stefania De Angelis ha disposto un divieto di esercitare attività nel settore per un anno. Gli atti mostrano come i due abbiano ignorato ripetuti segnali di malfunzionamento, omettendo le riparazioni necessarie e non vietando l’uso dell’ascensore. Sono accusati di gravi negligenze e inosservanza delle norme di sicurezza.
Le ultime schede di manutenzione risulterebbero incomplete o firmate solo dall’operaio, con verbali che segnalano fili rotti ma dichiarano l’impianto “sicuro”. Il giudice ha parlato di evidente superficialità, sottolineando anche la mancanza dei controlli obbligatori da parte del responsabile tecnico.
La perizia tecnica, che inizierà il 1° agosto con 60 giorni per il deposito, sarà fondamentale per chiarire definitivamente le cause dell’incidente. Nel frattempo, la famiglia di Clelia chiede giustizia per una morte evitabile, causata da negligenze gravi e controlli mancanti.