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Il drammatico caso di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, ha subito un’importante evoluzione con la recente sentenza della corte di appello di Firenze. Le azioni delle forze dell’ordine durante il suo rimpatrio nel 2013 sono state giudicate illegittime, portando alla condanna di cinque poliziotti coinvolti nel caso.
Il contesto del caso Shalabayeva
La vicenda ha avuto inizio nella notte tra il 28 e il 29 maggio 2013, quando Alma e sua figlia di sei anni sono state fermate dalla polizia in una villa di Casalpalocco, vicino Roma. Gli agenti stavano cercando il marito, Mukhtar Ablyazov, e, dopo aver contestato a Shalabayeva il possesso di un documento d’identità falso, hanno proceduto con un’espulsione rapida verso il Kazakistan.
Le irregolarità nel processo di espulsione
Le procedure adottate durante l’espulsione sono state oggetto di contestazione legale. La corte di Firenze ha confermato che tali azioni hanno violato i diritti fondamentali di Alma e della sua bambina, considerandole un sequestro di persona. La sentenza di primo grado, emessa dal tribunale di Perugia, era già risultata sfavorevole per i poliziotti, ma il secondo appello ha ribaltato la precedente assoluzione ottenuta.
La sentenza e le reazioni
Il processo di appello-bis ha portato alla conferma delle condanne per i cinque poliziotti, che dovranno scontare pene comprese tra i quattro e i cinque anni di carcere. Inoltre, è stata disposta un’interdizione dai pubblici uffici per un periodo di cinque anni, rappresentando un cambiamento significativo rispetto alla condanna perpetua stabilita in primo grado.
Le parole di Alma Shalabayeva
In aula, Alma ha espresso la sua gratitudine per la decisione della corte, sottolineando la difficoltà di affrontare funzionari di alto rango dello Stato. Ha affermato: “È stata una decisione giusta, e sono felice che la giustizia abbia prevalso”. Questo commento evidenzia l’importanza della sentenza non solo per lei, ma anche per il rispetto dei diritti umani in Italia.
Il futuro del caso e le dichiarazioni ufficiali
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha espresso il suo dispiacere per la condanna dei poliziotti, evidenziando la complessità della vicenda e la difficoltà di operare nel campo della sicurezza senza rischi personali. Ha dichiarato: “Spero che possano essere assolti in Cassazione”. Questo suggerisce che la questione non si chiude qui e che ci saranno ulteriori sviluppi legali.
La corte ha stabilito che le motivazioni della sentenza verranno rese note entro novanta giorni. Gli avvocati dei poliziotti hanno già annunciato l’intenzione di ricorrere in Cassazione. La lotta per i diritti di Alma Shalabayeva continua, con la speranza di un futuro più giusto.