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Fame e conflitti: il paradosso della sicurezza alimentare

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Un mondo in cui si investe di più in armi che in cibo: un paradosso che grida vendetta.

Ci troviamo in un’epoca in cui il paradosso della fame nel mondo è diventato un tema di discussione sempre più scottante. Durante il World Meeting on Human Fraternity, svoltosi presso la FAO, il coordinatore Ermete Realacci ha messo in luce una situazione che non può più essere ignorata. Mentre milioni di persone lottano quotidianamente per ottenere le risorse alimentari minime necessarie, i governi continuano a investire ingenti somme in armamenti.

È ora di affrontare questa contraddizione con serietà.

Un allarme che non può essere ignorato

Il discorso di mons. Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la FAO, ha suonato come un campanello d’allarme. La fame è una minaccia globale che continua a crescere, mentre gli investimenti in armi sono in aumento. Questo è un dato di fatto scomodo: secondo le statistiche recenti, la spesa globale per la difesa supera i 2 trilioni di dollari, mentre la lotta contro la fame continua a ricevere finanziamenti insufficienti. Se non è un paradosso, poco ci manca.

Il monsignore ha affermato che le iniziative concrete sono urgenti e necessarie. Tuttavia, quante volte si sono sentite promesse simili? Ci rimangono solo cinque anni prima che scada il termine per raggiungere l’Obiettivo Fame Zero. Eppure, sembrano più un’utopia che un obiettivo realizzabile. Con un panorama internazionale così complesso, ci si aspetterebbe una risposta unitaria e coordinata, ma la realtà è molto diversa.

Un cambio di rotta è necessario

È tempo di una svolta. Mons. Arellano ha sottolineato l’importanza di una collaborazione leale tra attori pubblici e privati. Ma come si può sperare in una vera collaborazione quando i segnali sono così contraddittori? Gli interessi economici e politici spesso prevalgono su quelli umanitari. Farsi promotori di un’alleanza globale per il cibo sano e giusto richiede coraggio e visione, due qualità che sembrano scarseggiare nella politica contemporanea.

Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che il benessere umano deve avere la priorità sul progresso tecnologico. Tuttavia, oggi sembra che la tecnologia sia utilizzata più per costruire armi che per risolvere problemi fondamentali come la fame. La vera questione è: quanto si è disposti a sacrificare per garantire un futuro migliore per tutti?

Riflessioni finali: il futuro è nelle nostre mani

La realtà è meno politically correct: mentre ci si preoccupa di conflitti lontani, la vera guerra si combatte ogni giorno nelle cucine di milioni di famiglie che non sanno se avranno cibo a sufficienza. Non è più possibile ignorare questa crisi. È tempo di riflessione e azione.

È fondamentale promuovere un pensiero critico: cosa si può fare come individui e come comunità per cambiare questa narrativa? È giunto il momento di alzare la voce e chiedere che i fondi vengano dirottati verso ciò che conta davvero: la vita e la dignità umana. Solo con una mobilitazione collettiva si potrà sperare di vedere il 2030 non come un fallimento, ma come un traguardo raggiunto.