La vicenda della famiglia nel bosco di Palmoli, con i figli trasferiti in una struttura protetta, ha acceso un dibattito sul confine tra tutela dei minori e libertà di scelta nello stile di vita. Il sindaco ha promosso iniziative per favorire il ricongiungimento familiare, mentre il caso ha coinvolto istituzioni, mobilitazioni popolari e interrogazioni europee, sollevando questioni delicate su diritti fondamentali, educazione domiciliare e ruolo dello Stato nella vita dei cittadini.
Il caso dei Trevallion-Birmingham: un allontanamento controverso
Il caso ha generato un’ampia eco mediatica e una mobilitazione dell’opinione pubblica. Una petizione online ha raccolto oltre 145mila firme per il ricongiungimento dei Trevallion-Birmingham nella loro casa nel bosco, mentre gruppi di cittadini si sono riuniti per discutere della situazione e dei rischi di estensione del provvedimento ad altre famiglie con stili di vita simili.
Le autorità hanno confermato che l’obbligo scolastico dei minori è rispettato tramite l’educazione domiciliare, contraddicendo alcune valutazioni dei servizi sociali. L’avvocato della famiglia, Giovanni Angelucci, ha stigmatizzato le minacce ricevute dalla presidente del Tribunale, Cecilia Angrisano: “Per chi ritenesse questa una battaglia, il campo naturale è quello delle aule di giustizia e non quello dei social“.
Nel frattempo, il ricorso della famiglia sarà presentato entro il 29 novembre, e non si esclude che un adeguamento della loro abitazione possa favorire il rientro dei figli. L’attenzione pubblica resta alta: il 6 dicembre è prevista una manifestazione a Roma davanti al ministero della Famiglia e delle Pari Opportunità, mentre il caso continua a essere seguito dal Csm e dagli organi istituzionali competenti per garantire trasparenza e correttezza nelle decisioni.
Famiglia nel bosco, la decisione del sindaco del paese: il caso in UE
La vicenda della famiglia anglo-australiana residente nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, continua a suscitare dibattito. I tre figli sono stati trasferiti in una comunità educativa protetta, dove si trova anche la madre, a seguito della sospensione della patria potestà decisa dal Tribunale dei Minori dell’Aquila. La motivazione principale riguarda le condizioni dell’abitazione, giudicata non idonea alla crescita dei minori, priva di servizi essenziali e con un bagno esterno a secco.
Il sindaco Giuseppe Masciulli ha offerto un alloggio comunale gratuito, auspicando un ricongiungimento familiare. Masciulli sottolinea il dolore e i costi derivanti dall’allontanamento, evidenziando che il «bene supremo» rimane il ri-affidamento dei minori, al di là di norme e vincoli strutturali.
Dal punto di vista istituzionale, il ministero della Giustizia ha avviato accertamenti approfonditi, con il titolare Carlo Nordio che ha dichiarato come «strappare un bambino dalla famiglia è un atto estremamente doloroso, quindi bisognerà approfondire». Parallelamente, la Lega ha sollevato interrogazioni, con Matteo Salvini che ha commentato: “I giudici tutelano i giudici. E quei tre bambini strappati ai genitori, chi li tutela?”.
Anche a livello europeo, l’europarlamentare Susanna Ceccardi ha chiesto a Bruxelles di valutare eventuali violazioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, sottolineando che “l’allontanamento dei minori deve essere davvero l’ultima ratio e sempre fondato su prove solide e verificabili“, evidenziando come la scelta di uno stile di vita a contatto con la natura non sia intrinsecamente pericolosa.