Il presidente Donald Trump torna alla carica sulla politica commerciale, questa volta puntando il mirino sui farmaci importati. La mossa mira a incentivare la produzione interna e ridurre la dipendenza dalle importazioni, ma rischia di alimentare tensioni commerciali e possibili aumenti dei prezzi per i consumatori. L’annuncio riapre il dibattito su quanto sia strategica e sostenibile la protezione della filiera farmaceutica americana.
Tariffe estese a camion e mobili, motivazioni di sicurezza economica
Oltre ai farmaci, Trump ha deciso di colpire anche autocarri e mobili importati, con dazi rispettivamente del 25% e fino al 50% per cucine, bagni e arredi imbottiti. La motivazione, secondo il presidente, risiede nella necessità di proteggere i produttori nazionali e tutelare la sicurezza del processo produttivo americano, definendo ingiusto l’afflusso massiccio di prodotti dall’estero.
Non è ancora chiaro se le nuove tariffe riguarderanno anche prodotti provenienti da paesi con cui gli Stati Uniti hanno raggiunto accordi commerciali recenti, come Giappone, Regno Unito e Unione Europea.
Farmaci importati nel mirino di Trump: dazi fino al 100%
Il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato l’intenzione di introdurre nuovi dazi su diverse categorie di prodotti importati, a partire dal primo ottobre. In particolare, le tariffe potrebbero arrivare al 100% sui farmaci di marca e brevettati, salvo che le aziende provvedano a costruire impianti produttivi negli Stati Uniti.
La misura si inserisce nella strategia di incentivare la produzione interna e ridurre la dipendenza dalle importazioni straniere. Diverse aziende farmaceutiche, tra cui Eli Lilly, hanno già programmato nuovi stabilimenti nel Paese, anche se la piena operatività potrebbe richiedere anni. Gli analisti sottolineano tuttavia che l’impatto reale dei dazi potrebbe risultare contenuto, visto che il settore si è preparato alle minacce ripetute della Casa Bianca e ha avviato progetti di espansione o collaborazione sul territorio americano.
L’annuncio ha sollevato discussioni a livello internazionale: in Svizzera, il settore farmaceutico era stato finora escluso dai dazi del 39% già applicati dall’amministrazione americana, ma il governo e le aziende del Paese si sono confrontati per capire come valorizzare la propria piazza industriale senza compromettere i rapporti commerciali.