Un omicidio che si ripete
La città di Milano è nuovamente scossa da un caso di femminicidio che riporta alla luce la violenza di genere e le sue conseguenze devastanti. Emanuele De Maria, un uomo di 35 anni, ha commesso un crimine che sembra ripetere un tragico copione già visto nel 2016, quando uccise una giovane tunisina.
Questa volta, la vittima è Chamila Wijesuriya, una donna di 50 anni, madre e moglie, trovata morta con segni di violenza sul corpo. La brutalità dell’atto ha sollevato interrogativi su come sia possibile che un individuo con un passato così violento possa avere accesso a opportunità di lavoro all’esterno del carcere.
Il contesto del crimine
De Maria, detenuto nel carcere di Bollate, era stato ammesso a un programma di lavoro esterno presso l’Hotel Berna, un’opportunità che avrebbe dovuto rappresentare una seconda chance. Tuttavia, la sua storia è segnata da un precedente omicidio, e la sua condotta ha dimostrato che la riabilitazione non sempre è possibile. Dopo aver accoltellato un collega barista, Hani Nasr, De Maria ha poi ucciso Chamila, con cui aveva una relazione. La dinamica degli eventi è inquietante: dopo aver ferito Nasr, si è rifugiato per 48 ore prima di compiere l’atto finale, gettandosi dal Duomo di Milano.
Le indagini e le conseguenze
Le indagini sono in corso e gli inquirenti stanno cercando di ricostruire i legami tra De Maria e le sue vittime. Il ritrovamento del cellulare di Chamila in un cestino della metropolitana ha fornito indizi cruciali per comprendere la sua scomparsa. Inoltre, le telecamere di sorveglianza hanno immortalato De Maria in momenti chiave, suggerendo un piano premeditato. La comunità è in allerta, e le autorità stanno esaminando come un individuo con un passato così oscuro possa aver avuto accesso a un lavoro che lo ha portato a interagire con altre persone, aumentando il rischio di ulteriori tragedie.