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Grecia e Regno Unito ripropongono politiche migratorie obsolete

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Le nuove leggi di Grecia e Regno Unito sull'immigrazione si rivelano inefficaci e radicate in un passato problematico.

Negli ultimi giorni, Grecia e Regno Unito hanno fatto notizia con l’introduzione di nuove misure migratorie che sembrano riportare alla mente politiche già viste in passato. Ma ci si può davvero aspettare che queste iniziative risolvano i problemi legati all’immigrazione? Purtroppo, sembra che stiamo assistendo a un ulteriore ampliamento del divario tra i migranti e le nazioni europee.

È fondamentale analizzare la situazione attuale e le conseguenze di queste politiche.

Le nuove leggi in Grecia e Regno Unito

Il 10 luglio, il Ministro greco per la migrazione, Thanos Plevris, ha annunciato una legislazione che, di fatto, nega il diritto d’asilo a chi raggiunge le coste greche dopo un viaggio pericoloso attraverso il Mediterraneo. “La Grecia non tollererà l’ingresso incontrollato di migliaia di migranti irregolari dal Nord Africa”, ha dichiarato Plevris. E le reazioni non si sono fatte attendere: le organizzazioni per i diritti umani hanno subito etichettato la legge come illegale, mentre l’Associazione degli Avvocati greci ha evidenziato che negare il diritto d’asilo costituisce una violazione delle leggi internazionali e dell’UE.

Contemporaneamente, il Primo Ministro britannico Keir Starmer ha presentato un accordo con la Francia per combattere il traffico di esseri umani attraverso piccole imbarcazioni. Starmer ha sottolineato che l’obiettivo è inviare un messaggio chiaro: questi viaggi pericolosi sono inutili. Tuttavia, l’accordo ha suscitato forti critiche, anche da parte di gruppi come Medici Senza Frontiere, che l’hanno definito “sconsiderato” e “pericoloso”. Come possiamo considerare queste misure come soluzioni efficaci quando si scontrano con un contesto così complesso?

Un fallimento annunciato delle politiche migratorie

Le misure adottate da Grecia e Regno Unito non sono affatto nuove e si inseriscono in una narrazione migratoria che si protrae da anni. Ricordiamo il 2015, quando l’Unione Europea si trovò a fronteggiare una crisi migratoria senza precedenti, in parte causata dall’emergere dello Stato Islamico e dalla guerra civile in Siria. In quell’occasione, l’Unione si trovò impreparata, affrontando un’emergenza senza un piano chiaro. Oggi, si può dire che la narrativa di crisi continui a influenzare le politiche migratorie in Europa.

In Grecia, questa narrativa viene usata per giustificare misure sempre più restrittive dal 2015. Il governo greco, di tendenze neoliberiste, vede l’immigrazione come un ostacolo alla propria narrazione di successo economico. D’altro canto, nel Regno Unito, il tema dell’immigrazione alimenta sentimenti di estrema destra. Ma quali sono le reali conseguenze di queste politiche? Non si tratta solo di dissuadere gli arrivi, ma anche di rispondere a pressioni politiche interne.

Una crisi di controllo e divisione

Non possiamo considerare queste nuove politiche in isolamento dall’ascesa della destra estrema in Europa. In entrambi i paesi, il linguaggio che ruota attorno all’“illegalità” dei migranti viene strumentalizzato per giustificare misure disumane. La narrazione greca di un’“invasione” dall’Africa è stata ripetuta dal Ministro per la migrazione, mentre il governo britannico ha descritto le piccole imbarcazioni come una minaccia per la sicurezza dei confini.

Seppure provengano da contesti politici diversi, queste politiche evidenziano similitudini significative. In entrambi i casi, i migranti sono percepiti come una minaccia, e i confini vengono visti come elementi da proteggere. I migranti che raggiungono le coste vengono spesso criminalizzati, e il termine “migrante illegale” è diventato prevalente. Questo tipo di linguaggio contribuisce a creare una narrativa di divisione, dove i migranti vengono ridotti alla loro condizione di migranti, ignorando i loro vissuti e le loro storie. Come possiamo costruire un futuro migliore se continuiamo a separare le persone in base a criteri così arbitrari?

In conclusione, le politiche di Grecia e Regno Unito non solo si dimostrano inefficaci, ma sono anche radicate in un razzismo sistemico che cerca di dividere gli esseri umani. La realtà è che il movimento umano non può essere controllato. Le politiche di deterrenza non risolvono il problema, ma creano un’illusione di controllo su una crisi che, in fondo, è impossibile da gestire. È giunto il momento di riflettere su queste dinamiche e chiedersi: possiamo davvero ignorare le storie umane dietro ai numeri e alle statistiche?