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Diciamoci la verità: la geopolitica è spesso un gioco sporco e, nel caso del Balochistan, non fa eccezione. La recente creazione del Balochistan Studies Project da parte del Middle East Media Research Institute (MEMRI), un think tank con legami israeliani, è un chiaro esempio di come i movimenti di liberazione vengano cooptati per servire interessi coloniali, mascherati da nobili ideali di resistenza.
Mentre il mondo è distratto da altre crisi, Israele si sta muovendo silenziosamente per consolidare la sua influenza in questa regione strategica; e poco ci manca che non ce ne accorgiamo.
Il contesto geopolitico: una nuova frontiera di conflitto
La notizia del Balochistan Studies Project è passata quasi inosservata, ma i segnali sono chiari. La MEMRI, nota per le sue traduzioni selective e per il suo prolungato supporto alla causa israeliana, ha giustificato questo progetto rivelando i ricchi giacimenti di risorse naturali della regione e enfatizzando la necessità di contrastare l’Iran. Questo approccio rivela una lettura distorta della realtà, in cui la lotta del popolo Baloch viene strumentalizzata per fini geopolitici. Il re è nudo, e ve lo dico io: questa non è una questione di liberazione, ma di sfruttamento.
La realtà è meno politically correct: i movimenti di liberazione, come quello Baloch, rischiano di diventare pedine in un grande scacchiere geopolitico. Israele, puntando a cooptare la lotta Baloch, non solo cerca di indebolire l’Iran, ma anche di fare leva su un popolo già oppresso per i propri scopi imperialisti. E in questo contesto, il ruolo delle potenze occidentali non è meno preoccupante. Le aziende minerarie occidentali, pur proclamando sostegno alla causa Baloch, hanno in realtà contribuito a un devastante saccheggio delle risorse locali, aggravando la crisi umanitaria nella regione. Ma ci siamo mai chiesti: chi sta davvero beneficiando di questo caos?
MEMRI e il gioco delle identità: chi è veramente Mir Yar Baloch?
Ma chi è l’uomo che si erge a portavoce del Balochistan? Mir Yar Baloch, descritto come un rinomato intellettuale, sembra più un fantasma che un leader. La sua dichiarazione di indipendenza, sbandierata sui social media, ha trovato eco solo nella stampa indiana, mentre molti attivisti Baloch si sono affrettati a prendere le distanze da lui. È un caso emblematico di come le identità possano essere manipolate e usate come strumento di propaganda. So che non è popolare dirlo, ma è ora di chiamare le cose con il loro nome: Mir Yar potrebbe essere una creazione artificiale di interessi statali, un modo per infiltrare la causa Baloch e distoglierne l’attenzione dai veri problemi.
Le tensioni tra Iran e Pakistan, che già affliggono i Baloch, si intensificano ulteriormente con l’influenza israeliana. Se Israele dovesse ottenere una certa legittimità presso i Baloch, ciò non farebbe altro che complicare ulteriormente il panorama geopolitico, trasformando una lotta legittima in una guerra per procura. La realtà è che i veri interessi di Israele e delle potenze occidentali non coincidono necessariamente con quelli dei popoli oppressi. Ecco perché è fondamentale interrogarsi su chi beneficia davvero di queste alleanze. Non è il momento di lasciarsi abbindolare da facili promesse.
Un appello al pensiero critico: oltre la geopolitica
Non fraintendetemi: la geopolitica è importante, ma non può essere l’unico criterio per valutare alleanze e strategie di resistenza. La storia è piena di alleanze scomode che hanno portato a risultati disastrosi. Prendiamo come esempio la Palestina: la PLO ha spesso cercato alleati tra potenze che, in ultima analisi, non avevano alcun interesse genuino per la causa palestinese. Dobbiamo chiederci: che tipo di alleanza stiamo costruendo? Quali sono le conseguenze a lungo termine di un approccio “il nemico del mio nemico è mio amico”? È tempo di sviluppare una forma di internazionalismo anticoloniale che vada oltre le mere considerazioni geopolitiche.
In conclusione, la lotta per la liberazione del Balochistan non dovrebbe essere subordinata a strategie imperialiste. È fondamentale mantenere un approccio che privilegia i diritti umani e la giustizia sociale, piuttosto che permettere che la nostra causa venga strumentalizzata da chi cerca solo di trarre vantaggio dalla nostra sofferenza. Invito quindi tutti a riflettere criticamente su queste dinamiche e a rimanere vigili di fronte a chi tenta di riscrivere le narrazioni a nostro discapito.