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La controversia F-35: Italia in controtendenza tra alleati scettici

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L'Italia si distingue nel programma F-35, confermando nuove commesse mentre altri Paesi europei si ritirano a causa della crescente dipendenza dagli Stati Uniti e dei costi esorbitanti.

Il programma degli F-35, il caccia di quinta generazione realizzato da Lockheed Martin, sta creando divisioni tra gli alleati europei. Mentre alcuni Paesi abbandonano o ridimensionano i loro piani di acquisto a causa dei costi crescenti e della dipendenza da Washington, l’Italia decide di procedere con nuovi investimenti. In particolare, il governo italiano ha confermato l’acquisto di 25 F-35, con una spesa totale che arriverà a 7 miliardi di euro entro il 2035.

F-35: un investimento controverso

Il caccia F-35 è stato progettato per sostituire i vecchi F-16, promettendo una superiorità tecnologica senza precedenti. Tuttavia, il programma ha sollevato dubbi riguardo ai costi e alla dipendenza strategica dagli Stati Uniti. Il prezzo medio di ogni velivolo supera i 100 milioni di dollari, e il Pentagono prevede costi di gestione che potrebbero superare 1.450 miliardi di dollari nel lungo periodo.

Recentemente, il Portogallo ha deciso di ritirarsi dal programma, evidenziando la sua preoccupazione per la dipendenza dagli Stati Uniti. La manutenzione e gli aggiornamenti dei software rimangono infatti sotto il controllo di Washington, il che potrebbe paralizzare la flotta in caso di interruzioni nella catena di approvvigionamento. Anche la Svizzera, dopo un referendum che ha approvato l’acquisto di 36 F-35, si confronta con un aumento imprevisto dei costi, fino a 1,3 miliardi di dollari in più, mentre il governo cerca di sviluppare un’industria bellica europea.

Stati europei in ritirata

La Spagna ha deciso di cancellare un programma da circa 6,25 miliardi di euro per l’acquisto di F-35, sostenendo la necessità di contenere le spese e di evitare di subordinare le proprie capacità militari a un sistema interamente americano. A Madrid prevale la linea dell’autonomia strategica europea, che punta a rafforzare progetti comuni come l’Eurofighter.

La Danimarca ha già ricevuto parte degli aerei ordinati, ma all’interno delle forze armate cresce il timore che la dipendenza tecnica dagli Stati Uniti possa rivelarsi un boomerang. Anche il Canada, inizialmente entusiasta, ha rivisto la propria posizione dopo che i costi per l’acquisto di 88 aerei sono aumentati da 19 a oltre 28 miliardi di dollari. Le tensioni politiche con Washington durante l’era Trump hanno accentuato questo sentimento di vulnerabilità.

L’Italia si distingue nel panorama europeo

In questo quadro di ritiri e ripensamenti, l’Italia emerge come un’eccezione. Ha già acquistato 25 F-35 a un costo di circa 280 milioni di euro ciascuno, e il governo ha deciso di proseguire con ulteriori acquisti. Secondo il Documento programmatico pluriennale della Difesa 2024-2026, l’Italia prevede di spendere altri 7 miliardi di euro entro il 2035 per l’acquisto di ulteriori 25 aerei. Questo porterà il totale a 75 F-35A e 40 F-35B, con una spesa complessiva che raggiungerà i 25 miliardi di euro.

Il governo italiano sostiene che il programma è cruciale per mantenere un rapporto privilegiato con Washington e per garantire la modernizzazione delle forze armate. Tuttavia, emergono crescenti critiche riguardo ai costi esorbitanti, soprattutto in un contesto economico segnato da tagli in altri settori. Non mancano dubbi operativi, con il generale Charles Brown Jr., Capo di Stato maggiore dell’aeronautica militare statunitense, che ha definito gli F-35 come aerei “costosi e inaffidabili”.

In conclusione, l’Europa si trova spaccata tra chi cerca di ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti e chi, come l’Italia, continua a investire nel controverso programma F-35, accettando questo costo come prezzo da pagare per rimanere sotto l’ombrello atlantico.