La scomparsa di Raphael Graven, 46 anni, conosciuto nel mondo del web con il nome di Jean Pormanove, ha profondamente scosso l’opinione pubblica francese, riaccendendo un acceso dibattito sull’idoneità dei contenuti estremi trasmessi in streaming. Il suo corpo è stato rinvenuto dalla polizia nella sua abitazione a Contes, un paesino incantevole delle Alpi Marittime, dopo una diretta che è durata dieci giorni e che si è caratterizzata per atti di tortura, privazione del sonno e assunzione di sostanze tossiche.
Ma come è possibile arrivare a un epilogo così tragico?
Secondo quanto riportato da varie fonti, Pormanove era impegnato in una delle sue famose sfide estreme al momento della tragedia. Gli agenti hanno trovato il corpo nel suo letto, e un video diffuso sui social mostra un altro streamer che, nel tentativo di svegliarlo, interrompe bruscamente la diretta, purtroppo senza successo. Che impatto avrà avuto questo sulle persone che lo seguivano con entusiasmo?
Il mondo di Pormanove era quello delle sfide estreme, spesso accompagnate da elementi di umiliazione fisica, sia per lui che per altri streamer. In passato, le sue iniziative avevano attirato critiche feroci, soprattutto quando si trattava di situazioni in cui era costretto a ingoiare cibo mentre veniva trattenuto o di subire lanci di oggetti. Questi episodi hanno aperto un dibattito importante sulla sicurezza e sulla responsabilità delle piattaforme di streaming. Fino a che punto si può spingere la ricerca di visibilità?
Dopo la morte dell’influencer francese, le autorità hanno avviato un’inchiesta. Clara Chappaz, ministro per l’Intelligenza Artificiale e gli Affari Digitali, ha dichiarato che Pormanove è stato oggetto di maltrattamenti in diretta sulla piattaforma Kick, annunciando che le indagini sono in corso. La questione è complessa, e ci si interroga: quali misure possono essere adottate per evitare che tragedie simili si ripetano?
Le indagini stanno anche approfondendo la situazione di altri due streamer, Naruto e Safine, già arrestati a gennaio 2025 per presunti atti di violenza su persone vulnerabili. In un episodio precedente, Pormanove e un altro streamer disabile erano stati presunti vittime di tali violenze, sebbene entrambi avessero sempre negato le accuse. Recentemente, Naruto ha voluto rendere omaggio a Pormanove su Instagram, chiedendo rispetto per la sua memoria e una riflessione su quanto accaduto, esortando a non condividere il video dei suoi ultimi momenti. Come si può onorare la memoria di una persona in un contesto così delicato?
Questa tragica vicenda non è un caso isolato. Solo un mese fa, la tiktoker Keyla Andreina González Mercado è stata uccisa in diretta durante uno streaming. Eventi del genere sollevano interrogativi urgenti sulla sicurezza degli streamer e sull’etica dei contenuti proposti al pubblico. È tempo di riflettere: siamo disposti a sacrificare la nostra sicurezza per un momento di notorietà?
La situazione di Pormanove dovrebbe fungere da monito per tutti noi, sottolineando l’urgenza di stabilire confini chiari e di considerare seriamente i rischi legati a contenuti che possono mettere in pericolo la vita degli individui coinvolti. Il mondo dello streaming ha bisogno di una revisione dei suoi standard, affinché la ricerca di visibilità non prevalga sulla sicurezza e sul benessere delle persone. Come possiamo garantire un futuro più sicuro per tutti gli streamer?