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Lavoro: Littler, per aziende Ue incertezza tra nuove sfide e cambiamenti in politiche Usa

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Roma, 19 nov. (Labitalia) - Con importanti scadenze regolatorie all’orizzonte in Europa e cambiamenti nelle politiche Usa che stanno generando ampia incertezza, le aziende europee si trovano ad affrontare nuove sfide nella gestione di temi chiave del lavoro dall’uso dell’intelligen...

Roma, 19 nov. (Labitalia) – Con importanti scadenze regolatorie all’orizzonte in Europa e cambiamenti nelle politiche Usa che stanno generando ampia incertezza, le aziende europee si trovano ad affrontare nuove sfide nella gestione di temi chiave del lavoro dall’uso dell’intelligenza artificiale (ai) ai programmi di inclusione, equità e diversità (ie&d), fino alla pay transparency e alle politiche sul lavoro in presenza.

E’ questa la prima evidenza dell’European employer survey report 2025, pubblicato oggi da Littler, il più grande studio legale al mondo specializzato in diritto del lavoro a supporto delle aziende. Giunto alla sua ottava edizione, il report nasce dalle interviste a oltre 400 figure tra responsabili hr, business leader e legali interni europei, il 64% dei quali con ruoli c-level o di leadership.

Il prossimo anno entreranno in vigore disposizioni chiave dell’Ai act dell’Unione Europea che impattano sui datori di lavoro, insieme ai nuovi obblighi previsti dalla Direttiva Ue sulla pay transparency directive (ptd). Ma nonostante questi cambiamenti significativi all’orizzonte, i dati indicano che molte aziende europee potrebbero non essere ancora adeguatamente preparate.

Ad esempio, solo il 18% dei partecipanti ritiene la propria organizzazione molto preparata a rispettare l’Ai act, mentre il 20% dichiara di non esserlo affatto, una percentuale singolarmente invariata rispetto alla survey 2024. In Italia però, come dato più alto a livello europeo, il 79% degli intervistati considerano di rivalutare le mansioni e le responsabilità lavorative a seguito dell’introduzione dell’Ai. Se la consapevolezza è chiara, mancano però ancora le azioni.

“Se la survey da un lato suggerisce una mancanza di preparazione riguardo all’Ai act preoccupante, considerando l’ampiezza degli obblighi richiesti e le sanzioni significative previste in caso di violazione, dall’altro fotografa una situazione italiana diversa dal resto dell’Europa. Se ancora concretamente non si è fatto molto, è evidente che i team hr si stanno comunque interrogando, approfondendo il tema per capire cosa fare soprattutto in relazione al cambio di mansioni dei dipendenti”, racconta Carlo Majer che con Edgardo Ratti è co-managing partner di Littler in Italia.

Anche sulla Ptd i progressi sembrano limitati: solo il 24% dichiara di essere molto preparato a rispettare la normativa, con un solo +3% rispetto al 21% del 2024. Le aziende intervistate sono per tre quarti ancora lontane da avere effettuato audit delle pratiche retributive verificando che l’architettura dei ruoli sia basata su criteri neutrali rispetto al genere. Anche il lento avanzamento da parte dei governi nazionali – ai quali spetta una parte delle responsabilità regolatorie – potrebbe ostacolare la capacità delle aziende di prepararsi. Tuttavia, il sondaggio evidenzia che molte organizzazioni non hanno ancora avviato alcune attività fondamentali per la compliance rispetto ad entrambe le normative, come ad esempio, l’effettuazione di audit in merito alle pratiche retributive ed ai casi d’impiego dell’Ai e la creazione di task force interne dedicate a questi temi.

Oltreoceano, l’amministrazione Trump ha introdotto cambiamenti rilevanti in ambiti come immigrazione e ie&d. Le aziende europee non ne restano immuni. Tra le realtà che operano negli Usa o con piani strategici focalizzati sul mercato americano, il 75% ha già adottato almeno una misura di adeguamento (e in Italia la percentuale è all’81%, la più alta a livello europeo) tra cui, ad esempio, la limitazione o addirittura la cancellazione dei viaggi di lavoro verso gli Usa (25%) e la riduzione delle attività negli Usa (25%). “Le nuove politiche Usa stanno creando ostacoli significativi per le imprese europee operative negli Stati Uniti, che devono rivedere piani di viaggio, contratti, investimenti e opportunità di crescita”, aggiunge Stephan C. Swinkels, partner Littler e co-lead global practice.

Sul fronte ie&d, il 69% delle organizzazioni con programmi attivi negli Stati Uniti sta valutando riduzioni o riorientamenti delle iniziative a causa dell’aumentata pressione normativa Usa. E lo stesso sta avvenendo in Italia, con una quota ancora maggiore. Inoltre, il 79% delle aziende europee con presenza in Usa segnala difficoltà nel gestire approcci divergenti tra il contesto normativo americano e quello europeo. La tendenza a riportare i dipendenti in presenza prosegue: tra le aziende che si avvalgono di ruoli compatibili con il lavoro da remoto, il 63% ha aumentato o intende aumentare le giornate di lavoro in ufficio. Circa un quarto ha già imposto (11%) o sta considerando di imporre (15%) la presenza cinque giorni su cinque.

Tuttavia, il 73% afferma che i modelli ibridi restano fondamentali per l’attrazione dei talenti. Qui, è il mondo anglosassone ad avere introdotto più ore in ufficio, con il 44% degli intervistati, mentre l’Italia rimane più cauta, con un +37%, con la Germania che chiude a 28%. “Per le aziende che intendono aumentare la presenza in ufficio, è fondamentale definire criteri chiari e comunicare aspettative e conseguenze di eventuali mancati adeguamenti. Questo è un momento storico unico, in cui si sta costruendo la nuova cerniera tra le aspettative dei datori di lavoro e quelle degli attuali, ma soprattutto futuri, dipendenti. Il futuro delle organizzazioni passerà senz’altro anche da questo nuovo equilibrio”, conclude Ratti.

Il report esamina inoltre altre questioni chiave e mette in luce differenze significative tra Paesi e dimensioni aziendali. In ogni caso, comitati aziendali e i sindacati continuano ad avere un ruolo rilevante nella gestione della forza lavoro in Europa. Oltre alle questioni retributive e ai benefit, i tre temi principali emersi nelle discussioni o negoziazioni con tali organismi nell’ultimo anno sono: le politiche sul lavoro da remoto/ibrido (47%); la salute mentale e il benessere sul luogo di lavoro (46%); l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (44%) con differenze significative anche a livello nazionale: nel Regno Unito, si registra il valore più alto relativo alle politiche di lavoro da remoto/ibrido (61%) ed alle politiche IE&d (43%); in Spagna, si fa rilevare il valore più alto relativo alla tematica della salute mentale e al benessere sul luogo di lavoro (60%); in Germania si assiste al valore più alto relativo all’utilizzo dell’intelligenza artificiale (52%); in Italia, si evidenzia il valore più alto relativo al tema della sicurezza sul lavoro (69%).