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Le conseguenze delle sanzioni statunitensi su Francesca Albanese

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Francesca Albanese, relatrice ONU, racconta l'impatto delle sanzioni statunitensi in una conferenza al Senato.

Il 9 luglio, Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, ha subito severe sanzioni da parte degli Stati Uniti. Queste misure punitive, introdotte dopo la pubblicazione di un rapporto in cui denunciava le complicità di aziende americane nel progetto di colonizzazione israeliano nei territori palestinesi, comportano il congelamento dei suoi beni e il divieto di ingresso negli Stati Uniti.

Il 4 settembre, Albanese ha partecipato a una conferenza al Senato italiano, dove ha descritto gli effetti devastanti delle sanzioni sulla sua vita personale e professionale.

La conferenza al Senato: testimonianza di Albanese

La conferenza si è tenuta nella sala Caduti di Nassirya del Senato, con la partecipazione di figure di spicco come Domenico Gallo, ex magistrato, e Nazzareno Gabrielli, direttore generale di Banca Etica. Albanese ha spiegato che le sanzioni le impediscono di recarsi al suo ufficio presso l’ONU a New York e di avere un conto bancario, sia in Italia che negli Stati Uniti. “Il mio conto italiano è stato congelato e ogni tentativo di aprirne uno nuovo è stato vano”, ha dichiarato. L’istituto bancario Banca Etica ha dovuto rifiutare la sua richiesta, temendo sanzioni secondarie da parte degli Stati Uniti.

Le sanzioni hanno creato un isolamento intorno a lei, evidenziando la paura delle conseguenze che anche i cittadini comuni potrebbero affrontare nell’interagire con Albanese. “Non posso accettare nemmeno un caffè da un americano, altrimenti chi lo offre rischia 20 anni di carcere”, ha spiegato, sottolineando la gravità della situazione. Albanese ha descritto il suo stato come un vero e proprio “vuoto” sociale, percepito non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia.

Le origini delle sanzioni e il contesto politico

Domenico Gallo ha fornito dettagli sull’executive order 14023, firmato dall’ex Presidente Trump, che mira a colpire i funzionari coinvolti con la Corte Penale Internazionale (CPI). “L’ordine è un atto eversivo che viola i diritti umani fondamentali”, ha affermato Gallo, evidenziando come Albanese sia stata inclusa nella lista dei soggetti colpiti poco dopo la pubblicazione del suo rapporto. Questo documento denunciava le aziende americane che traggono profitto dalla violazione dei diritti umani nei territori palestinesi.

Gallo ha suggerito che per contrastare queste sanzioni, la difesa di Albanese dovrebbe includere una richiesta di blocco dell’ordine negli stati europei, in quanto extraterritoriale. Tuttavia, ha sottolineato, è necessaria una mobilitazione su scala europea per avere successo. Albanese ha già denunciato le sanzioni come un attacco al multilateralismo, affermando di essere la prima funzionaria internazionale a subire tale punizione.

Il silenzio internazionale e l’importanza della mobilitazione

Nonostante le gravi implicazioni delle sanzioni, il silenzio internazionale è stato rotto solo da alcune voci, come quella del Segretario generale dell’ONU António Guterres. Tuttavia, molte istituzioni importanti, inclusa l’Unione Europea e il governo italiano, non hanno preso una posizione chiara. Il senatore De Cristofaro ha definito “vergognoso” il silenzio del governo italiano, che ha evitato di difendere una cittadina ingiustamente colpita.

Il ministro degli Esteri Tajani ha cercato di giustificare questa mancanza di azione affermando che Albanese non è stata colpita come italiana, ma come funzionaria ONU. Questo tentativo di disimpegno suscita ulteriori interrogativi sull’impegno dell’Italia per i diritti umani.

Maryam Jamshidi, professoressa di diritto, ha spiegato che le sanzioni sono arrivate in risposta alla denuncia di Albanese riguardo il profitto delle aziende americane dai crimini israeliani. L’atto di Albanese di informare queste aziende delle loro violazioni del diritto internazionale è stato interpretato come una “guerra economica” contro gli interessi nazionali degli Stati Uniti, dimostrando l’impatto diretto del suo lavoro sulla scena internazionale.

In conclusione, la questione delle sanzioni a Francesca Albanese è emblematiche delle tensioni tra diritti umani e interessi economici. La sua testimonianza al Senato rappresenta un appello urgente per una mobilitazione collettiva contro l’intimidazione delle sanzioni in un contesto di crescente isolamento.