Argomenti trattati
Il piano di 20 punti proposto dagli Stati Uniti per risolvere il conflitto a Gaza ha suscitato forti reazioni. La questione principale riguarda le modifiche apportate al documento originale, che differisce sostanzialmente dalla bozza presentata da vari paesi arabi e musulmani. Il Ministro degli Esteri pakistano, Ishaq Dar, ha espresso chiaramente che le modifiche fatte al piano non riflettono le intenzioni iniziali delle nazioni coinvolte.
Dopo l’annuncio ufficiale della Casa Bianca, che ha esposto il piano con grande enfasi, è emerso che le nuove disposizioni includono un cessate il fuoco, il ritorno dei prigionieri e la smobilitazione di Hamas, insieme a una nuova struttura politica per Gaza post-conflitto, che escluderebbe il gruppo palestinese. Le dichiarazioni di Dar sono state riprese da Dawn News, evidenziando il disaccordo con le revisioni effettuate.
Le modifiche al piano di guerra
Il piano presentato dai leader statunitensi e israeliani è stato descritto come una collaborazione tra Israele, gli Stati Uniti e diversi paesi arabi. Tuttavia, è stato segnalato che le versioni discusse durante un incontro informale all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sono state significativamente alterate. Secondo fonti, le modifiche sono state richieste dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante un incontro di sei ore con Jared Kushner, genero di Donald Trump, e il suo inviato speciale Steve Witkoff.
Contenuti del piano rivisitato
La nuova versione del piano prevede un ritiro graduale di Israele, condizionato alla smobilitazione di Hamas. Inoltre, Israele potrebbe mantenere una presenza in una zona cuscinetto all’interno della Striscia di Gaza fino a quando non si escluderanno minacce terroristiche. Questo aspetto ha sollevato preoccupazioni tra i leader arabi, che richiedono chiarimenti e ulteriori discussioni prima di procedere.
Reazioni delle nazioni arabe
La risposta a questo piano non è stata unanime. Una coalizione di otto paesi arabi e musulmani, tra cui Qatar, Turkiye e Arabia Saudita, ha accolto con favore l’annuncio di Trump, esprimendo la volontà di continuare il dialogo sui dettagli del piano. Il Primo Ministro qatariota, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, ha sottolineato che, sebbene vi siano obiettivi condivisi, è necessaria una maggiore discussione sui punti che necessitano di chiarimenti.
In particolare, il Ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, ha evidenziato la necessità di affrontare le questioni relative alla governance e alla sicurezza. La proposta statunitense prevede la creazione di un organo internazionale sotto la supervisione di Trump, mentre una commissione palestinese si occuperebbe della gestione civile fino a quando l’Autorità Palestinese non si riformerà. Inoltre, si prevede l’invio di una forza di stabilizzazione per garantire la sicurezza.
Le sfide da affrontare
Nonostante le intenzioni dichiarate, esperti e analisti hanno messo in guardia su diversi punti critici. Un tema centrale è se Hamas accetterà di disarmarsi, dato che il gruppo ha storicamente rifiutato questa possibilità, considerando la propria identità come parte integrante della resistenza palestinese. Inoltre, il piano non affronta il tema della possibile dislocazione forzata dei palestinesi, un aspetto controverso che era stato precedentemente suggerito da Trump, suscitando intense critiche.
Inoltre, la proposta ha omesso di menzionare l’occupazione di Gaza e l’annessione della Cisgiordania, richieste che sono state avanzate da membri della coalizione di destra di Netanyahu. Se Hamas decidesse di rifiutare l’accordo, Trump ha avvertito Netanyahu che avrebbe il pieno sostegno per prendere misure decisive.