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Da un lato, urla, accuse al megafono in piedi sulla cattedra e sette giorni di prognosi dopo le lesioni provocate al docente. Dall’altro, discorsi chiari ma decisi contro un professore Erasmus+ proveniente da Braude, Israele, e che ora si trova troncata ogni possibilità di rapporto con il Politecnico di Torino. L’elemento che accomuna i due eventi? Il bisogno di essere dalla parte di Gaza.
All’università di Pisa, rissa in aula tra gli studenti ed il prof aggredito
Era martedì mattina quando all’Università di Pisa è stato aggredito il prof Rino Casella, durante la sua prima lezione annuale. Il docente di Diritto pubblico comparato stava spiegando le normali procedure inerenti all’esame e al corso quando, come lui stesso ha spiegato, alcuni studenti si sono impossessati del microfono, gli hanno strappato il libro di testo dalle mani e sono saliti sulla cattedra, bandiere palestinesi in mano.
In un primo momento, gli altri studenti e lo stesso prof sembravano essere rimasti sconcertati, fino a quando alcuni dei giovani non sono intervenuti dalla parte del prof, per riportare l’ordine e continuare la lezione. A questo punto, il clima è diventato ancora più teso trasformandosi in una rissa vera e propria tra studenti pro-pal, studenti che volevano continuare la lezione e il prof Casella in mezzo, stretto tra le due parti.
Il prof era stato accusato di essere sionista durante l’episodio solo perché, come aveva dichiarato in precedenza, non sentiva di definirsi “pro-pal”.
PoliTo, un esito diverso
Fatti tendenzialmente simili negli intenti ma dai risultati molto diversi sono invece accaduti anche nel capoluogo piemontese. Anche presso il Politecnico di Torino una lezione è stata interrotta da alcuni studenti del collettivo Cambiare Rotta, un’organizzazione giovanile comunista. La lezione del corso di dottorato era infatti incentrata sulle tecniche di machine learning adattate a riconoscimento di volti ed immagini e, per l’occasione, era stato invitato il prof Pini Zorea, docente dell’università israeliana di Braude ed esperto in materia.
A inizio lezione, una manciata di studenti con in mano un lenzuolo bianco dalla scritta “Boycott facial recognition” ha interrotto la lettura del docente ospite con il quale ha poi iniziato un dibattitto non programmato sulla critica questione israelo-palestinese. A questo punto il prof ha affermato che l’IDF – le Forze di Difesa di Israele – erano “l’esercito più pulito al mondo”: un’affermazione che ha fatto impallidire i presenti e portato il rettore del prestigioso istituto torinese a troncare ogni rapporto con il prof israeliano.
Un dato allarmante che potrebbe prevedere gli esiti dei prossimi mesi
Il risultato sostanziale e che dovrebbe portare all’allarme è che in soli tre giorni di ripresa delle lezioni, si contano già due lezioni interrotte. Anche se portate avanti da metodi molto diversi, questi due eventi dovrebbero farci riflettere sull’immediato futuro e, soprattutto, sulla direzione verso la quale si vuole arrivare.
Sicuramente, l’università è per antonomasia un luogo di conoscenza, libertà e di espressione, ed è un diritto per tutti, docenti e studenti, che questi principi possano trovare sempre spazio in ogni ateneo: collettivi e organizzazioni studentesche servono proprio per dare voce a temi importanti e che invece troppo spesso non riescono a passare durante le poche ore a disposizione dei prof.
C’è però bisogno di chiedersi se sia giusto – e in primis, utile – alzare la voce impugnando potenziali armi, boicottando lezioni, aggredendo i propri stessi colleghi studenti e, sostanzialmente, portando il sistema universitario stesso ad un inaudita precarietà.
Un quadro, questo, che dovrebbe quindi portarci a fermarci un attimo: potrebbe ancora l’Università essere considerata tale, come riportata qui sopra, se a breve ogni docente potrebbe essere costretto a chiedersi “e oggi, mi faranno fare lezione?”
La risposta sta a noi.