Settemila metri. L’aria sottile ti lascia senza respiro, il freddo ti morde la pelle e ogni passo pesa come una tonnellata. Luca Sinigaglia, alpinista milanese di 49 anni, non ci ha pensato due volte.
L’alpinista Luca Sinigaglia, il coraggio e la tragedia
La collega russa, Natalia Nagovitsyna, era ferita a una gamba, bloccata lì dal 12 agosto.
Luca Sinigaglia, l’ha raggiunta, le ha portato acqua, cibo, gas. Amico e compagno di cordata, conosceva bene quei pendii. Ma la montagna, il Pik Pobeda, non fa sconti. Il destino di Luca si è scritto tra le rocce e il vento gelido.
Insieme all’alpinista, Roman Mokrinsky e Gunter Siegmund. Tre corde, tre vite appese a filo. Hanno lasciato tenda e sacco a pelo per soccorrere Natalia. Il 13 agosto il primo intervento: acqua, cibo, gas. Tutto piccolo, tutto fragile davanti a quella montagna. Poi il 15 agosto il secondo tentativo. Ed è lì che il cuore di Luca cede: edema cerebrale. A 6.800 metri, il suo corpo resta in una grotta. Siegmund riesce a sopravvivere. Natalia ancora ferma, sola, sospesa tra paura e speranza.
La tragica morte dell’alpinista Luca Sinigaglia, la missione continua per portare in salvo Natalia
Intanto, i soccorsi diventano un’altra battaglia. Sabato 16 agosto, elicottero militare Mi-8 con sei soccorritori. Il maltempo è crudele: atterraggio di emergenza a 4.000 metri. Qualcuno si ferisce, ma niente di grave. Secondo elicottero, secondo tentativo. Notte che cala, vento e nuvole rendono impossibile l’evacuazione. Solo il giorno dopo la missione riprende. Il Ministero della Difesa invia un drone: Natalia è viva. Domani, tempo permettendo, elicottero privato con tre soccorritori italiani – Michele Cucchi, Manuel Munari e Mario Sottile – proverà a salvarla e forse recuperare Luca. Una commissione speciale indaga sull’incidente del primo elicottero, cercando cause, responsabilità, difetti tecnici.
Ogni gesto è calcolato, ogni metro rischioso. Ma tra quelle vette estreme resta l’eco del coraggio di Luca Sinigaglia, alpinista che ha scelto di aiutare un’amica.