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Monia Bortolotti assolta dall'accusa di omicidio dei figli neonati: la sentenza

Monia Bortolotti assolta

La Corte d’Assise di Bergamo ha assolto Monia Bortolotti dall’accusa di aver ucciso i suoi due figli neonati. Ecco i dettagli della sentenza.

Il tribunale ha assolto Monia Bortolotti dall’accusa di aver ucciso i suoi due bambini: la piccola Alice di quattro mesi e il fratellino Mattia di due. Ecco le ragioni della sentenza.

Doppia tragedia a Pedrengo: la morte dei due neonati tra il 2021 e il 2022

Nel novembre 2021, la piccola Alice Zorzi, di soli quattro mesi, è stata ritrovata priva di vita nella casa della madre a Pedrengo.

Gli accertamenti indicarono una possibile “morte in culla”, con il medico che segnalò la presenza di rigurgito nei polmoni e l’assenza di segni esterni di violenza. Circa undici mesi più tardi, il 25 ottobre 2022, è deceduto anche il fratellino Mattia, di due mesi, e l’autopsia evidenziò come causa del decesso un’“asfissia meccanica acuta da compressione del torace”. In entrambi gli episodi l’unica adulta presente era la madre, e proprio il secondo decesso, con circostanze più evidenti, ha determinato l’avvio dell’indagine giudiziaria.

Monia Bortolotti assolta dall’accusa di omicidio dei figli di 4 e 2 mesi: le ragioni della sentenza

Monia Bortolotti, 29enne di Pedrengo, è stata assolta dall’accusa di aver causato la morte dei suoi due figli neonati, Alice e Mattia. La primogenita, Alice, di quattro mesi, è deceduta il 15 novembre 2021; per questo caso la Corte ha stabilito che «il fatto non sussiste», ritenendo insufficienti le prove a conferma di un omicidio.

Il fratellino Mattia, di due mesi, è morto il 25 ottobre 2022; in questo caso la madre è stata dichiarata «non punibile» perché si sarebbe trovata in uno stato di totale incapacità di intendere e di volere al momento del fatto.

La sentenza della Corte d’Assise di Bergamo ha distinto tra i due casi sulla base delle prove disponibili e delle perizie psichiatriche. Per Alice, l’assoluzione si fonda sulla mancanza di elementi probatori sufficienti a configurare un omicidio, nonostante le ipotesi investigative dell’accusa. Nel caso di Mattia, invece, la decisione è stata determinata dalle valutazioni cliniche che hanno rilevato uno stato di totale incapacità di intendere e volere al momento del decesso, giudicato insuperabile dal collegio giudicante.

In conseguenza di ciò, è stata disposta una misura di sicurezza di dieci anni in una Rems, con controlli periodici ogni sei mesi, a fronte della pericolosità sociale rilevata.