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Monica Seles e la miastenia gravis: diagnosi, sintomi e terapie disponibili

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Da campionessa in campo a paziente: Monica Seles e la miastenia gravis, sintomi e terapie da conoscere.

Campionessa indimenticabile del tennis mondiale, Monica Seles ha conquistato il pubblico con talento e determinazione. Negli ultimi anni ha dovuto affrontare una sfida ben diversa da quelle vissute in campo: la miastenia gravis, una malattia rara e cronica che colpisce la trasmissione dei segnali nervosi ai muscoli. Ecco cos’è, quali sono i sintomi più comuni, le possibili cause e le terapie oggi disponibili.

La scoperta della malattia: quando e come Monica Seles ha ricevuto la diagnosi

Monica Seles ha ricevuto ufficialmente la diagnosi di miastenia gravis nel 2022, dopo aver notato alcuni segnali distintivi che non poteva ignorare: “Vedevo doppio e avevo debolezza a braccia e gambe”, ha spiegato, raccontando di aver smesso di riuscire anche a compiere gesti semplici, come asciugarsi i capelli. Dopo il consulto con un neurologo, la diagnosi fu confermata, suscitando in lei inizialmente incredulità: “Quando mi è stata diagnosticata, ho pensato: ‘Cosa?!’”.

Solo ora, a distanza di tre anni, Seles ha deciso di rendere pubblica la sua condizione, utilizzando la sua visibilità per sensibilizzare sull’MG, soprattutto in vista degli US Open.

Monica Seles e la miastenia gravis: sintomi, cause e cure della malattia

La miastenia gravis è una malattia autoimmune cronica che compromette la comunicazione tra nervi e muscoli. Il sistema immunitario, per ragioni non del tutto chiarite, produce anticorpi diretti contro i recettori dell’acetilcolina (AChR) o altre proteine coinvolte nella trasmissione neuromuscolare, come MuSK e LRP4. Questi anticorpi ostacolano il passaggio dell’impulso nervoso, rendendo la contrazione muscolare debole o inefficace.

Si tratta di una patologia rara che, secondo stime internazionali, colpisce da 15 a 30 persone ogni 100.000 abitanti. Può manifestarsi a qualsiasi età, ma con due picchi di incidenza: tra i 20 e i 40 anni, soprattutto nelle donne, e oltre i 50 anni, prevalentemente negli uomini. In circa il 10-15% dei pazienti è associata a un timoma, un tumore del timo, mentre nel 60-70% si osservano altre anomalie timiche non tumorali. La predisposizione genetica, la presenza di altre malattie autoimmuni e l’esposizione a determinati farmaci possono aumentare il rischio di svilupparla.

I sintomi derivano dalla ridotta trasmissione nervosa ai muscoli e possono interessare diversi distretti. Quando colpisce l’apparato oculare, provoca abbassamento di una o entrambe le palpebre (ptosi) e visione doppia (diplopia). Se coinvolge la muscolatura bulbare, possono comparire difficoltà a parlare, masticare e deglutire. Nei muscoli degli arti la debolezza inizia spesso da spalle e anche, per poi estendersi a mani e piedi. Nei casi più gravi, il disturbo raggiunge i muscoli respiratori, con rischio di crisi miastenica. Una caratteristica distintiva è la fluttuazione dei sintomi: peggiorano con l’uso e migliorano con il riposo, risultando più evidenti la sera.

Il sospetto clinico nasce di fronte a debolezza muscolare non dolorosa che peggiora con l’attività, episodi ricorrenti di cedimento di specifici muscoli (come la palpebra che cala dopo ore di lettura), disturbi variabili nell’arco della giornata o difficoltà respiratoria senza cause cardiache o polmonari evidenti. In presenza di tali segnali, è fondamentale rivolgersi a un neurologo esperto in malattie neuromuscolari.

La diagnosi si basa sulla ricerca nel sangue di autoanticorpi specifici (AChR, MuSK, LRP4), sull’elettromiografia con test di stimolazione, che valuta la risposta elettrica dei muscoli agli stimoli nervosi, e sul cosiddetto “test del ghiaccio” per la ptosi, che consiste nell’applicare impacchi freddi sulle palpebre per osservare un eventuale miglioramento temporaneo. La TC o la risonanza magnetica del mediastino servono a individuare timoma o iperplasia timica.

Le terapie per la miastenia gravis dipendono dalla gravità e dalla risposta del paziente. I farmaci anticolinesterasici, come la piridostigmina, aumentano la disponibilità di acetilcolina e migliorano temporaneamente la forza muscolare, senza però agire sulla causa autoimmune. Per modulare il sistema immunitario si impiegano corticosteroidi e immunosoppressori, come azatioprina o micofenolato mofetile, utili anche per ridurre gli effetti collaterali del cortisone.

Negli ultimi anni sono arrivate terapie mirate, tra cui inibitori del complemento e modulatori del recettore FcRn, che riducono rapidamente gli autoanticorpi. Sono inoltre in studio nuove molecole capaci di proteggere e riparare la trasmissione nervosa. Conviverci significa adottare strategie pratiche: attività fisica leggera e frazionata, pianificazione delle giornate in base all’energia disponibile, monitoraggio in gravidanza e attenzione a farmaci che possono aggravare i sintomi. Con diagnosi precoce e cure adeguate, è possibile mantenere una buona qualità di vita.