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Ricoverato da settimane in una clinica a Cosenza, Padre Fedele Bisceglia ci ha lasciato all’età di 87 anni. Figura controversa e amata, ha rappresentato per decenni un faro di speranza per i meno fortunati e i tifosi del Cosenza Calcio. Ma la sua vita non è stata priva di ombre, e la sua morte ha riacceso il dibattito su un uomo che ha sfidato le convenzioni e la burocrazia ecclesiastica, rimanendo sempre al servizio degli ultimi.
Un frate per i poveri
Padre Fedele era molto più di un semplice religioso; era una presenza costante nella vita della comunità cosentina. Con la sua tonaca francescana, la barba bianca e la sciarpa del Cosenza Calcio, era conosciuto come “il frate ultrà”. La sua missione era chiara: aiutare i più deboli e gli emarginati. Dopo un’esperienza missionaria in Africa, tornò a Cosenza per fondare l’Oasi Francescana, un rifugio che ha accolto centinaia di persone in difficoltà. Anche quando fu costretto a lasciare questa struttura, non si arrese: fondò l’associazione Il Paradiso dei Poveri, continuando a offrire pasti e sostegno spirituale a tutti coloro che ne avevano bisogno.
Padre Fedele ha sempre sostenuto con passione il valore del servizio verso i più vulnerabili, utilizzando anche i mezzi di comunicazione per far sentire la propria voce. I suoi interventi sui media locali erano frequenti, e non si tirava mai indietro nel denunciare le ingiustizie. Questa sua battaglia per i diritti dei poveri era, secondo lui, una “vocazione nella vocazione”. Ma la sua vita, come spesso accade a chi si schiera dalla parte dei più deboli, è stata segnata da eventi drammatici.
Un’ombra lunga: le accuse e la riabilitazione
Nella vita di Padre Fedele, un evento ha segnato un cambio di rotta: nel 2006, una suora lo accusò di violenza sessuale. Questo portò all’arresto, a un intenso clamore mediatico e a un processo che lo costrinse alla sospensione a divinis. La sua figura, fino ad allora associata a opere di carità, finì sotto l’ombra di un’accusa pesante. L’eco di quel processo fu talmente forte che Padre Fedele divenne più noto per le sue disavventure legali che per le sue opere altruistiche. Tuttavia, quasi un decennio dopo, nel 2015, fu assolto in secondo grado e nel 2016 la Corte di Cassazione confermò la sua innocenza con la formula “il fatto non sussiste”.
Nonostante la completa riabilitazione giudiziaria, la Chiesa non revocò mai la sua sospensione. Padre Fedele, nella sua umiltà, richiese più volte di essere reintegrato, ma le sue richieste rimasero inevase. Nei suoi ultimi giorni, avrebbe espresso il desiderio di celebrare almeno un’ultima Messa, un desiderio che non si realizzò mai.
Un’eredità di amore e perdono
La notizia della sua morte ha suscitato un’ondata di cordoglio in tutta la città. L’associazione Il Paradiso dei Poveri, da lui fondata, ha annunciato la scomparsa attraverso un post su Facebook, sottolineando come Padre Fedele abbia dedicato la sua vita agli invisibili. Le parole scelte per ricordarlo esprimono un concetto fondamentale: “Si deve concedere perdono al fratello per riceverlo da Dio”. Questa frase riassume non solo la sua visione del mondo ma anche il suo percorso umano e religioso.
Politici e cittadini hanno condiviso messaggi di affetto e rispetto per un uomo che, nonostante le avversità, ha sempre lottato per gli ultimi. Il senatore Mario Occhiuto ha ricordato come Padre Fedele fosse sempre presente anche nei momenti più difficili, dimostrando che la sua vera forza risiedeva nell’umanità e nella concretezza delle sue azioni.
In un mondo che spesso ignora i più vulnerabili, la vita di Padre Fedele Bisceglia ci invita a riflettere su cosa significhi veramente servire gli altri. La sua storia, con tutte le sue contraddizioni, ci sfida a guardare oltre le apparenze e a considerare il valore del perdono e della solidarietà. Diciamoci la verità: la sua eredità è un richiamo a essere più umani e più compassionevoli, a non dimenticare mai chi ha bisogno di noi. Riflettiamo su questo.