Roma, 3 ott. (Adnkronos Salute) – "I dati dicono che le malattie neurologiche – un gruppo di condizioni molto ampio che comprende ad esempio lo stroke, l’epilessia, la cefalea, la sclerosi multipla, le demenze e il Parkinson – non solo sono più diffuse di quanto generalmente si creda ma sono anche la causa principale di disabilità.
Tutte insieme, rappresentano oggi la seconda causa nel mondo di mortalità". Lo ha detto Alessandro Padovani, presidente della Società italiana di neurologia (Sin), all’incontro 'Brain Health Inequalities – Idee e strategie per non lasciare indietro nessuno', organizzato da Triennale Milano in collaborazione con Lundbeck Italia nell’ambito dell'Esposizione internazionale Inequalities. Un’occasione per discutere del diritto di accesso alle cure nell’ambito della salute del cervello. "Questo fa comprendere l’entità del peso e dei costi sociali che le malattie neurologiche rappresentano. – aggiunge – Ciò pone l’ulteriore importante problema della gestione delle persone che ne sono colpite e che dunque entrano in una condizione per la quale il sistema sanitario, almeno in Italia, dovrebbe dare risposte".
A rendere più complicato l’accesso a cure e servizi "sono il problema della scarsità di forza lavoro, quello della disuguaglianza nelle cure e, anche, delle competenze. Abbiamo una medicina spesso consolidata su dei sylos – spiega Padovani – dove le discipline non si parlano. È quindi necessario lavorare sull’integrazione e creare dei ponti tra la neuropsichiatria infantile e la neurologia, tra la neurologia e la geriatria, sull’asse delle fasi della vita, ma anche con la psichiatria e con la cardiologia per alcune di queste patologia". Un approccio multidisciplinare è reso urgente anche dal fatto che "i fattori di rischio cardiovascolari sono anche fattori di rischio cerebrovascolari. Se noi lavorassimo insieme – prosegue il presidente Sin – potremmo rispettare anche quanto il Ministero della Salute oggi sostiene con l’approccio One Health” secondo cui si deve guardare anche "a come le diverse malattie partecipano e si influenzano vicendevolmente”.
"Abbiamo una sanità concentrata sugli ospedali e una componente socio-assistenziale fortemente radicata nei distretti. Cercare di unire la medicina delle cure primarie e la quella specialistica non è facile, come non lo è lavorare sulle filiere territorio-ospedale o sulle diverse fragilità, – conclude Padovani – Parliamo di fragilità nei bambini e negli anziani, due categorie che dovrebbero essere al centro del nostro agito, invece, ancora, lavoriamo secondo schemi passati. Un ulteriore ambito su cui dovremmo lavorare molto è la formazione. C’è ancora molto da fare, il Dm 77, la volontà delle Regioni aiuta, però il gap in termini di forza lavoro non fa altrettanto".