Roma, 1 set. (Adnkronos Salute) – Un innovativo dispositivo sperimentale per il trattamento del tumore alla vescica ha ottenuto risultati senza precedenti. Lo dimostra lo studio multicentrico internazionale SunRISe-1, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, che vede protagonista l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (Ire). La ricerca ha valutato l’efficacia di TAR-200, un sistema che funziona come un "cerotto medicato interno", posizionato nella vescica, e rilascia lentamente e in modo continuo il farmaco chemioterapico gemcitabina direttamente sulla zona colpita da tumore.
Il nuovo dispositivo Tar-200 – riporta una nota – ha ottenuto un tasso di risposta completa mai visto prima, pari all’82% nei pazienti con carcinoma uroteliale ad alto rischio, non muscolo invasivo, non più responsivi all’immunoterapico Bcg. Le risposte sono state rapide e durature e il trattamento è risultato ben tollerato. Un dato particolarmente importante è che la maggior parte dei pazienti ha potuto evitare o rimandare la cistectomia, l’intervento chirurgico più invasivo che comporta la rimozione della vescica.
Lo studio, coordinato dall’University of Southern California, ha coinvolto 142 centri in 14 Paesi. L’IRE è stato il centro che ha arruolato più pazienti a livello mondiale. L’eccellenza del lavoro è stata riconosciuta anche da un’ispezione della Food and Drug Administration statunitense, superata con successo.
Il tumore della vescica è il secondo più comune in urologia dopo quello della prostata. In Italia si registrano ogni anno circa 29.700 nuovi casi. Colpisce soprattutto tra i 60 e i 70 anni ed è quasi quattro volte più frequente negli uomini rispetto alle donne. Il tumore della vescica non muscolo invasivo ad alto rischio può recidivare nonostante le cure standard con asportazione e l’utilizzo dell’immunoterapico Bcg. In questi casi l’opzione standard è la cistectomia radicale, un intervento invasivo e non scevro da rischi e complicanze. Lo studio SunRISe-1 mostra che il nuovo dispositivo TAR-200 può offrire un’alternativa efficace, permettendo nella maggior parte dei casi di evitare la rimozione della vescica.
Per capire la novità del dispositivo – si legge – basta pensare alle terapie tradizionali: il farmaco viene introdotto e resta nella vescica solo per breve tempo, come svuotare un secchio d’acqua tutto in una volta. Tar-200, invece, lavora come un 'innaffiatoio a goccia', distribuisce la gemcitabina in modo costante e mirato, mantenendo la terapia attiva per settimane. "Questi risultati rappresentano un passo avanti decisivo verso terapie innovative, meno invasive e più tollerabili per i nostri pazienti – sottolinea Giuseppe Simone, direttore della Uoc di Urologia Ire – L’esperienza maturata all’interno dello studio SunRISe-1 conferma la posizione di leadership dell’Istituto nell’ambito dell’urologia oncologica".
Alla soddisfazione per i risultati dello studio si aggiunge una seconda buona notizia: l’avvio del Programma di Uro-Oncologia, diretto da Giuseppe Simone e sostenuto dalla Direzione scientifica Ire attraverso i fondi del 5×1000. L’iniziativa dimostra la scelta dell’Istituto di reinvestire le donazioni dei cittadini in progetti di ricerca clinica innovativi e ad alto impatto. "La ricerca è la forma più concreta di restituzione alla comunità – commenta Giovanni Blandino, Direttore scientifico ff dell’Ire. – L’istituzione del Programma di Uro-Oncologia, finanziato dal 5×1000, dimostra come la fiducia dei cittadini si traduca in nuove opportunità di cura". "L’Ire si conferma un centro di eccellenza capace di attrarre collaborazioni internazionali e di trasformare i risultati della ricerca in prospettive concrete per i pazienti – dichiara Livio De Angelis, Direttore generale Ifo – Siamo orgogliosi di sostenere, anche attraverso il 5×1000, progetti che rafforzano il ruolo dell’Istituto a beneficio della salute pubblica".