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Violenza domestica a Megliadino San Fidenzio: un caso drammatico

Immagine che rappresenta la violenza domestica a Megliadino San Fidenzio

Un uomo arrestato dopo aver aggredito gravemente la moglie, scatta l'inchiesta.

Un’aggressione che ha dell’incredibile

La violenza domestica continua a rappresentare un problema grave e attuale nel nostro paese. L’ultimo episodio si è verificato a Megliadino San Fidenzio, in provincia di Padova, dove un uomo di 55 anni ha aggredito brutalmente la moglie, lasciandola in condizioni critiche. La donna, 42 anni, è stata colpita con calci e pugni, fino a perdere i sensi.

L’aggressore, credendola morta, ha tentato di disfarsi del corpo avvolgendola in un tappeto e trascinandola sul balcone.

Un intervento provvidenziale

Fortunatamente, il figlio della coppia, un giovane di 22 anni, è arrivato in tempo per assistere alla scena. L’uomo ha dichiarato di voler suicidarsi, ma nel frattempo i vicini avevano già allertato i soccorsi. La donna, che in realtà era ancora viva, è stata trasportata d’urgenza all’ospedale di Schiavonia, dove è stata ricoverata in gravi condizioni, ma non in pericolo di vita. L’aggressore, un operaio albanese, è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio e maltrattamenti in famiglia.

Un quadro di violenza sistematica

Le indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Este hanno rivelato un quadro allarmante di violenze e abusi che andavano avanti da tempo. La donna, infatti, era già stata ricoverata in ospedale lo scorso agosto a causa di ferite riportate in precedenti aggressioni. Gli inquirenti hanno accertato che l’uomo la umiliava e la minacciava costantemente, impedendole di avere rapporti sociali e gestendo in modo autoritario le finanze familiari. La situazione è degenerata ulteriormente quando la donna ha rifiutato di avere rapporti sessuali con il marito, scatenando la sua furia.

Un grido d’aiuto silenzioso

Le testimonianze dei vicini e del figlio della donna rivelano un clima di terrore e isolamento. La vittima era costretta a vivere in una situazione di totale sottomissione, senza alcuna autonomia. Gli investigatori hanno scoperto che l’uomo la trattava come una “proprietà”, privandola di qualsiasi libertà personale. Questo caso mette in luce l’importanza di prestare attenzione ai segnali di allerta e di intervenire tempestivamente per proteggere le vittime di violenza domestica.