Cresce l’attenzione intorno al caso di Alex Marangon, il giovane morto dopo aver partecipato a un presunto rito sciamanico in provincia di Treviso. Dopo mesi di indagini, la Procura ha concluso il proprio lavoro, ma restano molti interrogativi sulle dinamiche di quella notte e sul ruolo dei partecipanti.
La notte fatale a Vidor: la morte di Alex Marangon
La notte tra il 29 e il 30 giugno 2024, Alex Marangon, un giovane barman di 25 anni originario di Marcon (Venezia), partecipò a un rito sciamanico organizzato nell’abbazia di Santa Bona a Vidor, in provincia di Treviso.
Durante la cerimonia, i partecipanti avrebbero assunto una bevanda contenente ayahuasca, una sostanza psicotropa vietata in Italia. Secondo le prime ricostruzioni, Marangon si sarebbe allontanato dal gruppo e, in stato alterato, si sarebbe gettato da un terrapieno sul greto del fiume Piave, a circa otto metri di altezza. Il corpo del giovane fu ritrovato due giorni dopo, trasportato dalla corrente del fiume. Le indagini iniziali suggerirono un gesto autolesionistico, ma l’autopsia rivelò traumi compatibili con una caduta violenta, sollevando dubbi su un possibile omicidio.
Gli organizzatori, per mezzo del loro legale, hanno sempre negato la somministrazione di ayahuasca, sostenendo che la bevanda data ai partecipanti fosse una semplice tisana depurativa.
Alex Marangon morto dopo rito sciamanico: la decisione della Procura di Treviso
La Procura di Treviso ha formalmente iscritto nel registro degli indagati quattro persone in relazione alla morte di Alex Marangon, morto la notte tra il 29 e il 30 giugno 2024 a Vidor durante un rito sciamanico. Gli indagati sono gli organizzatori dell’evento, Andrea Zuin e Tatiana Marchetto, e due curanderos colombiani, Jhonni Benavides e Sebastian Castillo, ritenuti responsabili della conduzione della cerimonia pagana.
L’ipotesi di reato formulata a loro carico è quella di morte in conseguenza di altro delitto. Secondo le ricostruzioni investigative, Marangon potrebbe essersi gettato inconsapevolmente da un terrapieno sul greto del fiume Piave, a seguito di una crisi psicotica innescata dall’assunzione combinata di cocaina e ayahuasca.
La famiglia di Marangon ha presentato una querela nei confronti dei quattro indagati e di Alexandra Diana da Sacco, moglie del proprietario dell’abbazia dove si era svolta la festa, ipotizzando non solo la morte come conseguenza di altro reato e la cessione di sostanze stupefacenti, ma anche un possibile omicidio volontario contro ignoti. La denuncia si basava su due lesioni sospette rilevate dal medico legale Antonello Cirnelli, all’occhio e al costato del ragazzo, che non sarebbero state riconducibili alla caduta.