Roma, 8 ott (Adnkronos) – I ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario Mantovano non hanno "perseguito né un interesse costituzionalmente rilevante né un preminente interesse pubblico", ma hanno "compiuto una scelta di mero opportunismo politico, fondata su timori generici e non suffragati da evidenze concrete, che mostrano la debolezza del Governo italiano dinanzi a bande armate che operano all’estero e che violano i diritti umani commettendo crimini internazionali".
E' quanto si legge nella relazione di minoranza (a firma Federico Gianassi, Pd) della Giunta per le autorizzazioni della Camera che, nell'esame di domani in aula, propone "di concedere l’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi nonché del sottosegretario Alfredo Mantovano ai sensi dell’articolo 96 della Costituzione" sul caso Almasri.
Per la relazione di minoranza, la condotta di Nordio, Piantedosi e Mantovano "ha determinato una grave violazione degli obblighi internazionali dell’Italia e ha compromesso l’interesse superiore della comunità internazionale a vedere perseguiti i responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità". Per i ministri e il sottosegretario, sostiene la relazione, "resta la responsabilità politica di avere occultato la natura reale delle decisioni assunte, presentandole al Parlamento come inevitabili conseguenze giuridiche, quando in realtà sono state il frutto di un calcolo politico censurabile e di un cedimento a pressioni esterne".
"Una condotta che ha minato la credibilità internazionale dell’Italia e la trasparenza interna del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento", si legge ancora.
(Adnkronos) – Sul rapporto con il Parlamento, la relazione è netta: "I ministri interessati (…) hanno mentito nascondendo fatti e decisioni che sono divenuti pubblici solo all’esito della trasmissione della relazione del Tribunale dei Ministri alla Giunta. Anche la Presidente del Consiglio, in occasione del video pubblicato sui canali social il 28.1, fu omissiva sulle decisioni assunte dal Governo e sulle ragioni che le avevano orientate, ragioni solo successivamente sono divenute pubbliche e non per scelta del Governo".
"Così facendo, l’Esecutivo ha negato al Parlamento e all’opinione pubblica la possibilità di un dibattito trasparente sulle scelte compiute -prosegue la relazione-. Le reticenze e le omissioni istituzionali, che hanno accompagnato la liberazione del torturatore libico, appaiono ancor più gravi se si considera che sono intervenute a fronte di reati di eccezionale atrocità, quali torture sistematiche, stupri e omicidi. Il Parlamento è stato posto di fronte a una versione edulcorata, parziale, omissiva dei fatti, senza la possibilità di confrontarsi sulla scelta politica sottostante. Si tratta di un deficit di responsabilità democratica che mina la fiducia tra Governo e Camere e, più in generale, tra istituzioni e cittadini".
Tra le altre cose, la relazione di minoranza, sottolinea il fatto che "le possibili 'ritorsioni' sugli italiani in Libia sono state formulate in termini generici" e "il nesso di necessità che potrebbe in ipotesi giustificare una compressione degli obblighi di cooperazione non risulta dimostrato ma anzi appare del tutto generico". Inoltre, "appare invece certo che sono stati violati obblighi costituzionali che hanno rango costituzionale. In particolare, la tutela della legalità internazionale e dei diritti umani – valori assiologicamente protetti dalla Costituzione anche attraverso l’adesione a trattati inter- nazionali e l’adempimento dei relativi obblighi – integra, nella gerarchia degli interessi pubblici, un parametro rafforzato che non può di certo essere recessivo di fronte a rischi ipotetici e non concreti".