> > Apre la Biennale Architettura: tutte le intelligenze per cambiare

Apre la Biennale Architettura: tutte le intelligenze per cambiare

Venezia, 8 mag. (askanews) – La Biennale Architettura è, ormai da anni, un laboratorio che guarda al presente globale e alle sue sfide, nell’ottica di trovare risposte alle tematiche più stringenti. Anche la 19esima edizione, curata da Carlo Ratti, sceglie di guardare alle problematiche del nostro tempo, in particolare a quelle della difesa dell’ambiente e dell’adattamento ai tempi del cambiamento climatico.

E lo fa con un numero molto alto di progetti, da ogni parte del mondo, che guardano ad alcune parole chiave: collaborazione, cambiamento, intelligenza collettiva, tecnologia, sempre nell’ottica di una azione comune. Progetti che, pur nelle diversità, sembrano muoversi in simbiosi tra loro.

“Effettivamente – ha detto Ratti ad askanews – un modo per vedere questa biennale potrebbe essere proprio quello di un superorganismo, un superorganismo in cui tutti questi progetti, tantissimi progetti, è la Biennale con più progetti da sempre, in qualche modo si parlano e diventano un messaggio unico chiaro potente: il messaggio è che l’architettura deve cambiare, deve adattarsi a un mondo che cambia”.

La Biennale, intitolata “Intelligens – Naturale, artificiale, collettiva”, si muove da una semplice considerazione: per affrontare un mondo in fiamme, l’architettura deve riuscire a sfruttare tutta l’intelligenza che ci circonda. “È una Biennale che ci accompagna nella realtà – ci ha spiegato il presidente Pietrangelo Buttafuoco – attraverso il tenace lavoro del pensiero: il concetto, la costruzione di un progetto che incontra una necessità, quella di considerare come l’umanità, avendo a disposizione la terra, deve rinnovarla nell’essere mondo”.

L’aspetto del rinnovamento, della creazione di una vera economia circolare, si fonda sull’attenzione e la ricerca su progetti portati avanti nel mondo: e così negli spazi dell’Arsenale si incontrano nuove visioni urbane ispirate da una città come Lagos in Nigeria, oppure progetti realizzati interamente con materiali recuperati da disastri naturali e perfino dalle guerre, o ancora studi su Venezia, con la sua natura di città vivente e fragile, ma anche sul ripopolamento dei grilli. Fino ad arrivare a un progetto che utilizza e depura l’acqua della Laguna per produrre un caffè che viene servito ai visitatori. Il tutto con la volontà di guardare in avanti, nonostante le difficoltà.

“Il futuro – ha aggiunto Buttafuoco – è l’unico presente possibile. Quello che noi viviamo è già passato. E la stessa idea di contemporaneità, è statica rispetto alla possibilità di costruire cose che sembrano essere utopie. ma sono delle bellissime realtà”.

“Quando guardiamo al futuro – ha aggiunto Ratti – non possiamo che essere ottimisti, ottimisti perché, come dice il grande filosofo Karl Popper, l’ottimismo è un dovere, è un dovere perché il futuro è aperto, dipende da noi, da cosa costruiremo. L’architettura è proprio questo: pensare al domani”.

Un pensiero che questa Biennale tenta di mostrare nella sua bellezza formale, e molte delle installazioni presentate sembrano a tutti gli effetti opere d’arte, ma che poi diventa di reale impatto a livello dei fatti, delle azioni, della forza delle proposte anche radicali che vengono presentate, spesso alla ricerca di forme di ibridazione e cooperazione che ci permettano di guardare anche oltre l’attuale sistema economico globale.