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Emanuele De Maria e l’autopsia su Chamila: i dettagli inquietanti del ritrovamento

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Dall’autopsia emergono nuovi dettagli su Emanuele De Maria: Chamila è stata strangolata. Indagini in corso per chiarire il movente, s'indaga un potenziale rituale.

La morte di Chamila Wijesuriya, la barista dell’hotel Berna di Milano trovata senza vita in un laghetto, inizia a delineare contorni inquietanti. Gli ultimi accertamenti derivanti dall’autopsia dell’omicidio per mano di Emanuele De Maria, pur non definitivi, lasciano pochi dubbi su cosa sia successo.

Emanuele De Maria e l’autopsia di Chamila: soffocata e strangolata, non solo ferite da coltello

Chamila non è morta per le ferite da coltello alla gola o per le lesioni ai polsi. Questo emerge dagli esami preliminari. Sembrano segni inflitti dopo la morte, forse per occultare qualcosa. La causa reale? Soffocamento, strangolata a mani nude.
Emanuele De Maria, il detenuto che lavorava nell’hotel con permesso esterno, è il principale sospettato. Tra il 9 e l’11 maggio ha compiuto l’atroce gesto, uccidendo Chamila, una donna di 50 anni, e tentando di ammazzare un collega, ferito a coltellate. Il racconto si chiude tragicamente con De Maria che si lancia dalle terrazze del Duomo, togliendosi la vita.
Un dettaglio strano: quando il corpo di Chamila è stato trovato nel Parco Nord, aveva foglie in bocca. Un gesto misterioso, che per gli inquirenti potrebbe far parte di un rituale macabro. Si indaga anche su questo.
Il passato di De Maria non è certo pulito: nel 2016 aveva già commesso un femminicidio. Ora si cercano riscontri sulle sue condizioni psicofisiche, con esami tossicologici in corso per capire se abbia assunto sostanze.

Emanuele De Maria autopsia e indagini: minacce, paura e possibili omissioni nel percorso trattamentale

Le indagini non si fermano alla dinamica del delitto e all’autopsia della vittima. Spunta un’altra verità inquietante. Chamila aveva paura. Paura reale. Secondo una collega ascoltata dagli inquirenti, Emanuele De Maria era possessivo, ossessivo, minacciava la donna, le chiedeva soldi e minacciava di diffondere video intimi.
Ma tutto questo, pare, non era noto al datore di lavoro. Nessuna segnalazione, nessun allarme lanciato al carcere. Una falla evidente.
Gli inquirenti, guidati dal pm Francesco De Tommasi, indagano anche su eventuali mancanze nelle relazioni psicologiche e nel percorso trattamentale di De Maria in carcere. Se si poteva evitare? Forse, ancora non è possibile rilevarlo. Se ci sono responsabilità, saranno accertate.
La storia è tragica. Una donna uccisa, un uomo che si toglie la vita, e domande che restano aperte. Ma una cosa è chiara: il caso Chamila non si chiude qui.