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Il campo largo in Calabria: tra alleanze e ambizioni personali

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Dietro il campo largo si nascondono ambizioni personali e giochi di potere, mentre i cittadini osservano.

Il panorama politico calabrese si arricchisce di un nuovo protagonista: Pasquale Tridico, candidato del centrosinistra, sostenuto da un ampio schieramento di forze politiche. Ma dietro questa apparente unità, ci sono tensioni e ambizioni che minano l’idea stessa di un campo largo. Diciamoci la verità: è davvero il bene comune ciò che guida queste alleanze, o è solo il tentativo di mantenere il potere a tutti i costi?

Il gioco delle alleanze: una strategia o una necessità?

Tridico, europarlamentare del M5S e ex presidente dell’Inps, rappresenta una figura che, almeno sulla carta, dovrebbe unire. Con il sostegno di undici forze politiche, dal Pd a Italia Viva, sembra che il centrosinistra abbia trovato la sua quadra. Ma la realtà è meno politically correct: questa alleanza è più un mosaico di interessi personali che un autentico progetto politico. Infatti, mentre in Calabria si celebra il tanto agognato campo largo, in altre regioni, come la Puglia e la Campania, il caos regna sovrano. I nomi di candidati ufficiali latitano e le divisioni sono palpabili.

In Puglia, ad esempio, l’ultimatum di Antonio Decaro si scontra con le ambizioni di Michele Emiliano e Nichi Vendola. E non parliamo delle tensioni tra Nicola Fratoianni e Decaro, dove l’idea di un duopolio sembra più un tentativo di monopolio. Questo scenario ci dice chiaramente che il campo largo non è altro che un rifugio per chi cerca di mantenere il proprio potere, piuttosto che un reale tentativo di unificare le forze progressiste.

Le ombre sul centrodestra e la difficoltà di trovare candidati

Passando al centrodestra, la situazione non è meno confusa. I candidati vengono scelti solo dove ci sono governatori uscenti, come nel caso di Francesco Acquaroli nelle Marche. Luca Zaia, il Doge veneto, non può ricandidarsi e la sua successione resta un enigma, evidenziando l’incapacità del centrodestra di presentare una nuova figura che possa unire le varie anime del partito. Matteo Salvini, con la sua retorica del “squadra che vince non si cambia”, sembra ignorare che il suo partito ha bisogno di rinnovamento, e non di stagnazione.

Questa immobilità del centrodestra si contrappone alla frenesia del centrosinistra, che, in Calabria, ha addirittura dovuto affrettare i tempi dopo le dimissioni del governatore Occhiuto, indagato per corruzione. È un paradosso: la sinistra si trova a festeggiare una candidatura, mentre il centrodestra è in crisi di identità, incapace di presentare un’alternativa credibile.

Conclusione: chi ci guadagna davvero?

La verità è che il campo largo è un gioco di potere. L’unità di facciata non è altro che una necessità strategica per affrontare una competizione sempre più spietata. I veri interessi che muovono questa alleanza sono ben lontani dai bisogni della popolazione. La politica calabrese, quindi, si trova di fronte a un bivio: continuare su questa strada, dove il potere personale prevale sul bene comune, o cercare una vera rappresentanza del popolo. La risposta a questa domanda non è semplice e richiede un pensiero critico.

Quindi, mentre ci avviciniamo alle elezioni, è fondamentale mantenere uno sguardo critico su chi si candida e su quali reali motivazioni muovono le loro scelte. Perché, alla fine, la democrazia non è solo una questione di voti, ma di valori e principi.