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Nel seguito del recente cessate il fuoco a Gaza, che ha portato un sospiro di sollievo momentaneo a molti, la realtà per i palestinesi in Cisgiordania è drasticamente diversa. Nonostante la cessazione delle ostilità a Gaza, l’oppressione e la violenza incessanti affrontate dalle comunità palestinesi in Cisgiordania continuano senza sosta. La presa dell’occupazione si è ulteriormente intensificata, lasciando molti con una sensazione di soffocamento e disperazione.
Riflettendo sulla situazione, un momento toccante si è verificato quando la giovane figlia di un amico ha festeggiato la notizia del cessate il fuoco, esprimendo il desiderio di andare a raccogliere olive con i suoi nonni. Quando le è stato detto che questa semplice gioia non era realizzabile, la sua innocente domanda, “Perché? La guerra non è finita?”, mette in evidenza il divario tra le narrazioni riguardanti Gaza e le dure verità della vita quotidiana in Cisgiordania.
La dura realtà della violenza quotidiana
Dal 7, l’escalation della violenza è stata allarmante. I report indicano che ci sono stati oltre 7.154 incidenti violenti perpetrati da coloni israeliani contro palestinesi e le loro proprietà, con esiti tragici che hanno portato alla perdita di vite e mezzi di sussistenza. Tra le vittime ci sono 212 bambini, un chiaro promemoria del costo umano di questo conflitto in corso. Inoltre, la distruzione di oltre 37.237 olivi sottolinea l’attacco all’agricoltura e al patrimonio palestinese.
L’impatto sulle comunità rurali
Per molti agricoltori palestinesi, accedere alla propria terra è diventato un’impresa pericolosa. Le barriere erette dall’esercito israeliano, unite alla paura della violenza dei coloni, hanno reso il raccolto delle olive un’operazione rischiosa. La situazione di questi agricoltori illustra un modello più ampio di espropriazione e intimidazione che è diventato parte della vita quotidiana per i palestinesi nella regione.
Vita urbana sotto assedio
La vita nei centri urbani come Rawabi, situata a nord di Ramallah, è altrettanto gravosa. La presenza di posti di blocco militari trasforma le attività di routine in compiti ardui. Un viaggio che dovrebbe durare solo dieci minuti può allungarsi fino a ore a causa della natura arbitraria di questi ostacoli, che possono aprirsi e chiudersi a discrezione delle forze israeliane. Tali interruzioni non solo ostacolano l’accesso ai servizi essenziali, ma mettono anche a dura prova i legami sociali e la vita comunitaria.
Le numerose barriere sparse in Cisgiordania—916 in totale, con un numero significativo eretto dopo il 7 ottobre—servono da costante promemoria delle restrizioni imposte alla libertà di movimento palestinese. Questi ostacoli complicano tutto, dall’andare a scuola alla ricerca di cure mediche. Il diniego di accesso a Gerusalemme aggrava ulteriormente la situazione, poiché molti palestinesi non possono visitare liberamente i luoghi religiosi critici per la loro identità.
La lotta continua contro l’annessione
Negli ultimi mesi, il governo israeliano ha accelerato gli sforzi per annettere territori palestinesi. La minaccia imminente di annessione, in particolare nell’Area C—dove Israele mantiene il controllo totale—solleva timori di ulteriori sfollamenti ed espropri. Quest’area ha visto un significativo incremento nella confisca di terreni, con oltre 12.300 acri sequestrati in appena due anni, prevalentemente per l’espansione di insediamenti illegali.
Questi insediamenti sono strategicamente collocati per circondare le città palestinesi, interrompendo qualsiasi potenziale continuità geografica e ostacolando le aspirazioni per uno stato palestinese indipendente. La manipolazione dell’uso del suolo sotto le mentite spoglie di necessità militari o designazione di terre statali favorisce l’erasure sistematica della presenza palestinese.
Il controllo delle risorse e le sue implicazioni
L’appropriazione delle risorse naturali in Cisgiordania, in particolare dell’acqua, ha conseguenze devastanti per le comunità palestinesi. La compagnia idrica israeliana, Mekorot, esercita il controllo sulla maggior parte delle risorse idriche, lasciando i palestinesi dipendenti da scarse allocazioni. Durante i caldi mesi estivi, il bisogno urgente di acqua costringe molti a comprarla a prezzi esorbitanti, mentre gli insediamenti israeliani godono di un accesso abbondante.
Con l’ombra dell’annessione che si fa sempre più ingombrante, lo sfollamento forzato delle comunità vulnerabili, inclusi i beduini, è già iniziato. La realtà per i palestinesi in Cisgiordania rimane quella di molestie quotidiane, violenza e un profondo senso di perdita.
Riflettendo sulla situazione, un momento toccante si è verificato quando la giovane figlia di un amico ha festeggiato la notizia del cessate il fuoco, esprimendo il desiderio di andare a raccogliere olive con i suoi nonni. Quando le è stato detto che questa semplice gioia non era realizzabile, la sua innocente domanda, “Perché? La guerra non è finita?”, mette in evidenza il divario tra le narrazioni riguardanti Gaza e le dure verità della vita quotidiana in Cisgiordania.0