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"Violentata e ricattata": la giovane di Seminara racconta la terribile esperienza vissuta

seminara violentata

Il racconto della vittima di Seminara al Corriere: violentata, minacciata e isolata dalla comunità, la sua lotta per giustizia e rinascita.

Il caso di Seminara, in provincia di Reggio Calabria, ha portato alla luce un drammatico episodio di violenza sessuale di gruppo ai danni di due ragazze minorenni. Le indagini hanno rivelato non solo gli abusi subiti, ma anche l’isolamento e le minacce cui le vittime sono state sottoposte, sia da parte degli aggressori sia della comunità e di alcuni familiari.

Condanne e assoluzioni per il caso di Seminara

Nel marzo 2025 il Tribunale di Palmi ha emesso sentenze pesanti contro sei persone riconosciute colpevoli di violenza sessuale di gruppo ai danni di due ragazze, entrambe minorenni all’epoca dei fatti, provenienti da Seminara e Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria. Le pene stabilite variano dai cinque ai tredici anni di reclusione, mentre altri sei imputati sono stati assolti.

Le indagini, nate dall’operazione “Masnada” della polizia nel novembre 2023, hanno portato alla luce un contesto di abusi e intimidazioni radicato in ambienti legati alla criminalità organizzata.

“Violentata e ricattata dai ragazzi del paese”, il racconto della giovane di Seminara

La vittima, oggi ventiduenne, in un’intervista al Corriere della Sera ha raccontato il percorso di dolore e resistenza che ha seguito la denuncia. Dopo l’inchiesta, la sua famiglia è stata emarginata e lei stessa è diventata bersaglio di minacce, insulti e percosse, anche da parte di parenti che volevano costringerla a ritirare la denuncia.

Mi dicevano sei pazza. Ti devi ammazzare. Mi hanno insultata, minacciata, picchiata, frustata. Ma io sono qui. Piuttosto che vivere nella menzogna avrei preferito morire. Tanto quella non era vita. Era la morte in vita”.

Oggi vive in una località protetta con l’aiuto della Regione, affiancata solo dalla madre, unica figura rimasta al suo fianco. Zia e cugino, che l’hanno aggredita, sono ora sottoposti a misure restrittive:

“Mio fratello, l’altra mia sorella e i rispettivi compagni adesso hanno il divieto di avvicinarsi a me. Mia zia e mio cugino, poi, hanno il braccialetto elettronico: se si avvicinano il mio dispositivo suona“.

La decisione di parlare è nata dal desiderio di difendere non solo se stessa, ma anche un’altra ragazza vittima dello stesso gruppo:

“Se non fosse venuta alla luce la storia dell’altra ragazza probabilmente non avrei mai trovato la forza di denunciare. Ma quando ho saputo cosa avevano fatto a lei, ho deciso di parlare”.

Dopo anni di paura, la giovane cerca ora di ricostruirsi un futuro: sogna di diventare estetista e di costruirsi una nuova vita nella sua terra, nonostante le ferite ancora aperte. Sul sostegno ricevuto dalle forze dell’ordine, ha aggiunto e concluso:

“Senza la polizia e i carabinieri non ce l’avrei fatta. Sono stati la mia forza. Non li ringrazierò mai abbastanza”.